Notizie Notizie Italia Mps e l’aumento di capitale: il ceo Lovaglio sotto pressione, banche consorzio garanzia chiedono assist Anima e Axa

Mps e l’aumento di capitale: il ceo Lovaglio sotto pressione, banche consorzio garanzia chiedono assist Anima e Axa

23 Settembre 2022 12:47

Luigi Lovaglio, numero uno di Mps Monte dei Paschi, sotto pressione per assicurarsi il sostegno di Axa e Anima, suoi partner commerciale, nell’operazione di aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, che l’AD vorrebbe concludere il prima possibile. Peccato che, stando a quanto emerge da fonti vicine alle banche del consorzio di garanzia, tale operazione non avrebbe raccolto ancora interesse dagli investitori privati.

Motivo? L’incertezza rappresentata dalle imminenti elezioni politiche italiane del prossimo 25 settembre.

Perfino gli investitori che hanno rapporti di lunga durata con Lovaglio, come Denis Dumont, vorrebbero aspettare l’esito delle elezioni prima di dare il loro assist, stando a quanto riferito da una fonte, alla ricapitalizzazione del Monte.

Di conseguenza le banche del consorzio di garanzia stanno facendo pressioni sul ceo di Mps – riportano all’agenzia di stampa Reuters tre fonti vicine al dossier– affinché si assicuri il sostegno dei partner commerciali Axa e Anima. Una loro eventuale partecipazione alla ricapitalizzazione potrebbe infatti convincere altri operatori privati di mercato ad acquistare quelle nuove azioni che Mps si appresta ad emettere.

Mps, Lovaglio cauto su Anima e Axa. Ecco perché

L’articolo di Reuters ricorda come il ceo di Mps Luigi Lovaglio abbia opposto inizialmente resistenza all’opzione di trattare con Axa e Anima riguardo alla loro partecipazione all’operazione di ricapitalizzazione, nonostante l’interesse manifestato da entrambi i partner a investire nella banca senese, al fine di rafforzare le alleanze commerciali già siglate.

La riluttanza di Lovaglio si spiega con la consapevolezza che legami più stretti con Axa e Anima potrebbero ostacolare la ricerca futura di un partner con cui avviare una fusione, cosa su cui Mps vorrebbe impegnarsi – per consentire finalmente l’uscita dello Stato, che si conferma tuttora suo azionista di maggioranza con una quota del 64% – subito dopo aver raccolto nuovo capitale.

Il problema è che le banche che fanno parte del consorzio di garanzia per l’aumento di capitale e che stanno organizzando l’emissione azionaria chiedono, così come era stato già riportato da alcune fonti, che ci siano anchor investors a sostegno dell’operazione. Considerati i prezzi attuali di mercati, queste banche fanno fronte infatti al difficile compito di piazzare nuove azioni a multipli più costosi rispetto a banche decisamente più solide di Mps, come per esempio UniCredit. (con cui tra l’altro il Monte di Stato stava per convolare a nozze, prima che le trattative facessero un flop difficile da dimenticare).

Un articolo de Il Sole 24 Ore ha spiegato la questione del prezzo delle azioni da piazzare, ricordando come la capitalizzazione di Borsa di Mps si aggiri attorno a 374 milioni di euro: valore che presenta un gap notevole rispetto ai 2,5 miliardi di euro che la banca vuole raccogliere: “una cifra monstre”, come ha commentato il quotidiano di Confindustria, precisando:

“Cifra monstre che si confronta con una capitalizzazione di Borsa attualmente pari a 374 milioni, numeri che rendono più complicata l’operazione, dato che impediranno l’emissione di nuove azioni a sconto rilevante rispetto ai valori al netto del diritto di opzione”. E ancora: “come riferito da indiscrezioni di stampa, che citano i primi conteggi circolati tra le banche del consorzio di garanzia, non sarà possibile offrire un sconto sul Terp superiore al 13%, «una frazione di quello concesso in casi simili»”.

I prezzi insomma comporterebbero multipli poco attraenti per i potenziali sottoscrittori: si parla di circa 0,4 volte il patrimonio, valutazione superiore a quella di banche come Banco Bpm e Bper“.

Nelle ultime ore Reuters ha riportato la notizia degli incontri informali inizialmente segnalati da Bloomberg News, tra Lovaglio e i dirigenti di Axa e Anima. Due fonti hanno riferito a Reuters che Lovaglio si sarebbe detto d’accordo a trattare ancora con le controparti la prossima settimana. Rimane tuttavia poco chiaro se i negoziati porteranno al raggiungimento di un accordo. E vale la pena di ricordare che vanno trovati 900 milioni-1 miliardo di capitali privati, al netto degli 1,6 miiardi che saranno messi dal Mef, il maggior azionista di Monte dei Paschi. 

Oggi il titolo Mps registra un solido rialzo, con gli investitori che scommettono (o semplicemente sperano) su una partecipazione di Anima e Axa all’aumento di capitale di Mps.

Mps: banche consorzio di garanzia preoccupate

Il ceo di Mps ha d’altronde ribadito più volte la necessità che i negoziati che attengono all’operazione di aumento di capitale rimangano separati da qualsiasi eventuale revisione degli accordi commerciali che legano Mps con il gruppo del risparmio gestito Anima e con la compagnia assicurativa AXA.

Tuttavia, in tempi di guerra, a fronte di mercati volatili, stretti tra la paura di una recessione e quella di una inflazione che rimane ostinatamente elevata, Mps versa in una posizione sicuramente non invidiabile: è a caccia di mezzi freschi e dunque di potenziali investitori con un valore di mercato di appena 300 milioni di euro, e la storia non è sicuramente dalla sua parte, visto che ha bruciato 25 miliardi di euro dei soldi degli investitori dai tempi della crisi finanziaria globale.

Reuters riporta così che alcune banche del consorzio di garanzia per l’aumento di capitale starebbero perdendo la pazienza con Lovaglio, che rimane tuttora riluttante a prendere impegni con AXA e Anima.

D’altronde, in assenza di investitori privati pronti a partecipare alla ricapitalizzazione, sarebbero proprio tali banche a doversi accollare le eventuali azioni non vendute.

Reuters ritiene che Anima potrebbe aiutare Mps a raccogliere nuovo capitale con una cifra massima di 250 milioni, incluso un pagamento immediato legato all’eventuale miglioramento degli accordi commerciali con Mps.

L’agenzia di stampa ricorda tra l’altro che il consorzio di garanzia guidato da Bank of America, Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca potrebbe anche decidere di piantare in asso Lovaglio e la banca, nel caso non rilevasse un sufficiente interesse degli investitori privati a partecipare all’aumento di capitale.

E le premesse non sono affatto confortanti, visto che una fonte vicina al consorzio ha confermato che finora le banche non sono riuscite a ottenere neanche un vero impegno da potenziali investitori.

Mps, Lovaglio e quella frase: ‘fuori c’è la coda’. E invece no

Altro che quella frase che il ceo Lovaglio proferì mesi fa, dicendo, riferendosi all’operazione di aumento di capitale, che “fuori c’era la coda”. In realtà il numero uno di Mps si era riferito alla coda tra le “banche che volevano supportarci (per partecipare al consorzio di garanzia)”.

C’è poi il problema dei tempi stretti, anzi strettissimi, visto che dopo novembre scadono le regole italiane che permettono ai dipendenti di andare in pensione a un’età inferiore rispetto a quella pensionabile fino a 7 anni.

Lo stesso Lovaglio aveva parlato qualche giorno fa di tempi brucianti per il lancio dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi.

“Più di un terzo dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi di Banca Mps serve per gli esodi volontari del personale”, aveva detto l’amministratore delegato, puntando sull’urgenza della ricapitalizzazione di Mps, dopo il via libera dell’assemblea straordinaria degli azionisti.

Il ceo Luigi Lovaglio vuole far presto, anche a dispetto di una certa politica che vorrebbe aspettare la formazione del prossimo governo, prima dell’aumento di capitale. Basti pensare alle dichiarazioni che sono state rilasciate di recente dal Maurizio Leo, consigliere economico di Giorgia Meloni, in relazione proprio alla operazione di aumento di capitale.

“La legge scade il 30 novembre – ha avvertito Lovaglio – abbiamo fatto un importante accordo coi sindacati che ci ha portato a implementare questa iniziativa in maniera definitiva e chiara. Abbiamo riscontrato notevole supporto dai sindacati e tutti assieme abbiamo messo in piedi l’iniziativa che prevede che noi dobbiamo finanziare questo esodo, che riguarda più di 3mila risorse, a fronte di una legge che scade a novembre, quindi i tempi sono necessariamente brucianti, ci servono fondi per finanziarla”.

Del caso Mps parla oggi anche un articolo de Il Corriere della Sera, confermando i primi contatti informali che ieri il ceo di Mps avrebbe avuto con Axa e Anima Holdings, nel tentantivo di garantire la sottoscrizione – fino a un massimo di circa 400 milioni dell’aumento di capitale da parte di una serie di investitori chiave, determinanti secondo Siena per avere un azionariato stabile – prima dell’avvio dell’operazione”.

Il Corriere scrive che la cifra potrebbe arrotondarsi attorno a 500 milioni se aderissero subito anche l’imprenditore Denis Dumont, l’asset manager Tosca fund e Algebris (quest’ultimo però alla finestra). Ma se il Corriere parla di questi soggetti in riferimento all'”interesse mostrato”, come detto in precedenza, nel fare il nome di Dumont, Reuters ha indicato invece che alcuni investitori vorrebbero attendere l’esito delle elezioni politiche.

Mps, Axa e Anima: il commento degli analisti

Sul caso AXA Anima gli analisti di Intesa SanPaolo commentano iniziando la nota con la domanda “What’s up?”.Ieri – si legge nella nota odierna – Bloomberg ha riportato che il ceo di Banca Monte dei Paschi di Siena, Luigi Lovaglio, è in trattative preliminari con Axa e Anima Holding, nell’ambito di un piano volto ad assicurasi fino a 400 milioni di euro da alcuni investitori, in vista dell’aumento di capitale della banca. Secondo la stessa fonte, Anima vorrebbe prender parte all’operazione di aumento di capitale con un contributo fino a 200 milioni di euro, a condizione che Monte Paschi estenda e rafforzi la sua attuale partnership (che scade nel 2030), mentre non è ancora chiaro in che modo Axa parteciperebbe. Secondo Bloomberg, nel 2021 Anima disponeva di 70 milioni di euro di commissioni attraverso la sua partership con Mps”.

Gli analisti di Intesa SanPaolo sottolineano che, a loro avviso, Anima è un forte generatore di cassa, fattore che conferisce alla società flessibilità alla società diper cogliere potenziali opportunità per il suo core business, attraverso transazioni straordinarie. In diverse occasioni i vertici hanno mostrato il loro interesse e la loro apertura a discutere con i loro partner strategici, in merito a ulteriori modi volti a rafforzare le loro relazioni commerciali”.

Agli inizi di settembre la Bce ha dato il via libera alla ricapitalizzazione dell’istituto senese, partecipato per il 64% dal Tesoro.

Sono state poi le stesse banche del consorzio di garanzia a manifestare il desiderio di rimandare l’operazione addirittura al 2023.

In una nota dedicata a Mps, IG scriveva di recente:

Alcuni investitori sottolineano che l’operazione dovrebbe essere conclusa entro la fine dell’anno così da non inficiare le strategie della banca che prevedono numerosi licenziamenti (che genereranno oneri una tantum da €800 milioni solo nel 2022 e risparmi per €270 milioni nel 2023) senza tenere conto degli effetti regolamentari sul capitale dell’istituto senese che avranno effetto diretto dal prossimo anno”.

Ma il ceo di Mps Luigi Lovaglio sarebbe determinato ad andare dritto per la strada. Tanto che il Corriere sottolinea che “la ricapitalizzazione (di Mps) potrebbe essere lanciata lunedì 10 ottobre, anche se alcune fonti ipotizzano il lunedì precedente, 3 ottobre”.

Sempre che le banche del consorzio, si può dire, riescano a rilevare un interesse, da parte degli investitori privati, che per ora sembra non essere pervenuto.