Notizie Il re dollaro c’è, quale ruolo giocano i rendimenti e la ‘risk aversion’?

Il re dollaro c’è, quale ruolo giocano i rendimenti e la ‘risk aversion’?

29 Settembre 2023 16:23

Sul mercato forex il “Re dollaro” è tornato a ritagliarsi la scena. Nelle ultime settimane il biglietto verde è salito, aggiornando i massimi a quasi un anno, in una corsa scatenata dal livello elevato dei rendimenti governativi negli Stati Uniti. In particolare, il dollar index, che monitora il trend del biglietto verde nei confronti di un paniere delle sei principali valute, che oggi sta ritracciando poco sotto la soglia di 106 ma resta vicino al livello più alto dallo scorso novembre. Ma quali sono i driver che hanno spinto al rialzo il dollaro? Uno dei principali ruota attorno alla Federal Reserve (Fed) e alle prospettive future sui tassi di interesse.

Dollaro, la view di Intesa Sanpaolo

Sui mercati si guarda soprattutto alla riunione di settembre della Fed. In quella occasione la banca centra Usa si è presa una pausa, lasciando i tassi d’interesse fermi nel range 5,25% e il 5,5%, record degli ultimi 22 anni. Decisione accompagnata da messaggi  in tema di “higher for longer“, ovvero con la prospettiva che i tassi americani potrebbero restare più alti per un periodo di tempo più lungo. Insomma, una pausa che non significa che i tassi caleranno nel breve.

Lo scenario resta incerto, e il mercato appare diviso in questo momento sulla possibile direzione che il dollaro potrebbe prendere perchè sono tanti gli elementi da valutare.

Nel breve il cambio EUR/USD potrebbe ritrovarsi ancora sotto pressione (i supporti chiave da monitorare sono in area 1,04), sia perché è aumentata la probabilità che la Fed possa alzare ancora i tassi prima di fine anno mentre è nettamente diminuita la probabilità che possa farlo la Bce, sia perché è in questo periodo che i dati dovrebbero mostrare la fase di maggior debolezza dell’area euro in termini di crescita”, spiega Asmara Jamaleh, economista di Intesa Sanpaolo, sottolineando che “successivamente l’euro dovrebbe invece riprendere a salire quando sarà negli Stati Uniti che inizieranno a vedersi segnali di significativo indebolimento della crescita tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo e cominceranno di conseguenza a formarsi aspettative di una successiva inversione di rotta del ciclo di policy della Fed (il primo taglio dei tassi è atteso nel terzo trimestre dell’anno prossimo)”.

Secondo l’analisi di Jamaleh, i rischi dello scenario di previsione sono leggermente sbilanciati verso il basso, “ovvero per un euro che potrebbe rivelarsi più debole del previsto, in particolare perché il rinvio del timing atteso della svolta Fed riduce significativamente (fino forse ad annullarla) la distanza rispetto alla svolta Bce, il che contribuisce a ridimensionare l’upside dell’euro”.

I driver principali? Uno tra tutti, i differenziali di rendimento a breve

Il driver principale è uno, come emerso nell’ultimo paio d’anni: i differenziali di rendimento a breve, che riflettono gli scenari attesi di politica monetaria di Bce e Fed rispettivamente. La prospettiva che al di là del breve i rendimenti USA scendano più di quelli dell’area implicherebbe un restringimento dei differenziali, attualmente negativi, tra area euro e Stati Uniti, agendo a favore dell’euro”, sostiene ancora Jamaleh che poi parla anche di “un fattore condizionante, che non può essere definito un driver ma è opportuno tenerne conto perché può a tratti giocare un ruolo significativo, è la risk aversion“. “Se questa aumenta, come può avvenire di fronte a shock economico-finanziari e non, o anche solo in casi di timori di significativo deterioramento del quadro globale (ad esempio come di recente con riferimento alle rinnovate criticità dell’economia cinese) il dollaro tende a favorirne nel suo ruolo di safe haven currency“.