Notizie Notizie Mondo Il commercio globale torna ai livelli del 2011. Ma è probabile che abbia già superato il picco

Il commercio globale torna ai livelli del 2011. Ma è probabile che abbia già superato il picco

7 Agosto 2017 13:34

 
 
 
Il commercio globale ha registrato buone performance nei primi sette mesi dell’anno, nonostante i bruschi cambiamenti nelle quotazioni delle materie prime. Sia i valori che i volumi degli scambi sono in crescita anno su anno, ai livelli del 2011 portando beneficio ai Mercati Emergenti, dove la crescita dell’economia e dei listini azionari tende a essere più dipendente dalle esportazioni rispetto ai Mercati Sviluppati. Tuttavia, come avverte Craig Botham, Emerging Markets Economist di Schroders, recentemente sembra esserci stata una pausa nella fase di slancio del commercio globale. “Sebbene non si stia ancora cambiando direzione, il commercio mondiale potrebbe aver raggiunto il suo picco”, afferma Botham. Che aggiunge: “La crescita è aumentata nel primo trimestre dell’anno, il tasso di espansione economica è a livelli simili dal 2014 e ha avuto un certo rallentamento solo nel 2016. Nonostante ciò, il commercio si trova al livello più alto dal 2011”. Allo stesso tempo, spiega lo strategist, la crescita globale è diventata più trade intensive, anche se il moltiplicatore commerciale resta su livelli molto bassi se comparati ai livelli pre-crisi.Potrebbe trattarsi di un fattore molto positivo per i Mercati Emergenti se fosse sostenibile, dato che indicherebbe un nuovo ciclo di globalizzazione: un’ulteriore integrazione con le catene di produzione e distribuzioni globali, che sosterrebbe gli utili da investimenti e esportazioni“, dice Botham. Nel caso in cui si trattasse invece di una ripetizione delle oscillazioni cicliche evidenti nel moltiplicatore nel periodo considerato, sarebbe un miglioramento meno utile.
 
I driver della ripresa del commercio
 
E’ difficile non parlare di Cina in qualsiasi discorso relativo ai flussi commerciali globali, vista la posizione dominante che la sua economia ricopre in questo ambito. Le esportazioni verso il gigante asiatico hanno registrato la crescita maggiore rispetto a quasi tutti le altre regioni, eccetto quella dell’Asia ex-China. Per Pechino la domanda statunitense sembra aver giocato il ruolo maggiore. Uno sviluppo inaspettato, rispetto a qualche mese fa, è rappresentato dalla solidià della domanda giapponese, mentre più prevedibile, vista la forza della crescita domestica, è l’aumento della domanda dell’Eurozona per l’Asia ex China e per il gruppo CEEMEA (Central and Eastern Europe, Middle East & Africa), sebbene altri Paesi debbano ancora percepirne i benefici. “Non è un segreto che la Cina abbia utilizzato misure di stimolo fino a poco tempo fa e che gli effetti siano stati di sostegno per la domanda e per i prezzi globali delle materie prime – spiega Bothanm – Allo stesso modo, si è parlato molto anche del fatto che Pechino abbia avviato una politica restrittiva, riducendo il credito e la liquidità . Sebbene ciò non sia ancora visibile nella maggior parte dei dati sulla crescita, continuiamo ad aspettarci che sarà così, visto quanto alcune aree dell’economia sono storicamente dipendenti dal credito“. In ogni caso se davvero si dovessero ringraziare gli stimoli cinesi per la maggior forza del commercio globale, il miglioramento del moltiplicatore del commercio sembrerebbe più un rialzo legato al ciclo che un cambiamento strutturale.
 
Il ruolo dell’Europa
 
Sebbene il commercio cinese abbia sorpreso al rialzo, è però evidente un trend di rallentamento. Anche il Giappone, nonostante la sua forte domanda, ha mostrato segni di un cambio di tendenza. E affinchè il commercio globale continui a essere supportato, è necessario che si sviluppino altre fonti di domanda. “Secondo le nostre previsioni, con gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone che vanno verso una crescita minore nel terzo e quarto trimestre rispetto al secondo, l’Europa è la fonte più probabile di un aumento della domanda – dice lo strategist – Tuttavia, la domanda europea sembra finora aver avvantaggiato maggiormente l’area CEEMEA e i Mercati Emergenti dell’Asia ex China rispetto alle altre aree. Ciò è in contrasto con la domanda cinese, che sembrava generare benefici più diffusi”. I dati storici suggeriscono che questa differenziazione probabilmente in parte persisterà . Sembra dunque che una crescita del commercio guidata dall’Europa possa avvantaggiare un gruppo di Paesi diverso e più piccolo rispetto a quando a guidare la domanda era la Cina. L’America Latina e gli Stati Uniti probabilmente ne saranno danneggiati, mentre il Giappone ne potrebbe beneficiare.

 
Dominano i rischi al ribasso
 
Tutto ciò assumendo che non ci saranno altri impedimenti al commercio, presupposto che potrebbe non essere così certo. Pechino e Washington hanno riavviato il dialogo sul commercio, ma la mancanza di un accordo nel contesto del Comprehensive Economic Dialogue fa nascere il dubbio su una possibile imposizione da parte degli Usa di tariffe sull’acciaio cinese e su altri beni importati. “Gli Stati Uniti restano determinati a ridurre il proprio deficit commerciale con la Cina e sono diventati sempre più critici nei confronti delle regole del WTO, che Washington ritiene avvantaggino Pechino“, spiega Botham. Che aggiunge: “Il crescente rischio di protezionismo negli Stati Uniti porta con sé il rischio che gli altri Paesi impongano tariffe a loro volta, come rivalsa, danneggiando i meccanismi del commercio globale. Anche l’Europa ha discusso di una potenziale misura di rivalsa contro gli Usa per le recenti sanzioni annunciate contro la Russia, che sembrano mirare alle imprese energetiche europee”. In generale, quindi sembra che, guardando al futuro del commercio globale, i rischi negativi superino quelli positivi. Si prevede infatti che lo slancio della crescita possa indebolirsi in Giappone, negli Usa e in Cina e sembra improbabile che l’Europa possa compensare completamente tale andamento. Inoltre, altri elementi di supporto, come gli effetti dei prezzi delle materie prime e il ciclo tecnologico, dovrebbero ridursi. “Non vediamo segnali di un collasso drammatico, ma riteniamo che il momentum positivo abbia raggiunto il suo picco“, conclude Botham.