Notizie Notizie Mondo E’ partito il tapering globale, sarà una catastrofe? John Greenwood di Invesco sfata due miti tanto cari agli accademici

E’ partito il tapering globale, sarà una catastrofe? John Greenwood di Invesco sfata due miti tanto cari agli accademici

29 Settembre 2017 16:39

Mentre settembre sfuma pian piano ci addentriamo verso l’ultimo trimestre del 2017, un anno caratterizzato da un comun denominatore: una crescita diffusa a tutte le grandi regioni del pianeta. Una tendenza frutto delle politiche monetarie generose viste negli ultimi anni e che ora potrebbe accelerare visto che il motore della prima economia mondiale, gli Stati Uniti, potrebbe attingere ulteriore benzina dal vasto programma fiscale presentato nei giorni scorsi dal presidente americano Donald Trump. Almeno così la pensano la maggior parte degli esperti, ma non proprio tutti.

Dalle tranquille campagne inglesi del Buckinghamshire, a due passi da Londra, John Greenwood, capo economista di Invesco, sostiene che molto probabilmente le misure fiscali non saranno sufficienti a ridare slancio ad un’economia che ormai è giunta al capolinea del suo ciclo economico.

Greenwood, che fra gli altri incarichi è anche membro della prestigiosa Commissione IEA-sponsored Shadow Monetary Policy in Gran Bretagna, sostiene che vi siano “due miti che stanno portando gli investitori a muoversi erroneamente alla ricerca di asset che offrono protezione nei confronti di un’inflazione che sarebbe destinata a crescere, ma non è così”. 

In primo luogo, il capo economista Invesco smentisce la capacità delle politiche fiscali di rilanciare l’inflazione, “una maggiore spesa pubblica e il deficit fiscale non portano a una maggiore inflazione. I tedeschi, in primis, la pensano così – ha chiosato Greenwood – mentre la realtà è un’altra: a muovere l’inflazione è esclusivamente la politica monetaria”.

Greenwood ha affermato con chiarezza che il legame tra disavanzi di bilancio più alti e inflazione più elevata è un mito, portando avanti l’esempio dell’epoca Reagan negli Stati Uniti, quando il disavanzo di bilancio è aumentato costantemente, senza aumentare l’inflazione.

Il secondo mito sfatato dall’economista di Invesco è il legame percepito tra il livello di occupazione e il livello di inflazione. Questo collegamento è noto fra gli accademici con il nome “Curva di Phillips”. “L’idea è che livelli più alti di occupazione portino a livelli più alti dei salari e che tutto questo conduca a una maggiore crescita economica e quindi a più inflazione”.

Per Greenwood ciò può essere solo in parte spiegato dal cambiamento tecnologico e dall’aumento di un’occupazione irregolare. Per l’esperto è il credito, e non la crescita salariale, a generare un’inflazione più elevata in quanto l’occupazione aumenta. L’economista di Invesco ha quindi aggiunto:

“le restrizioni sui prestiti da parte delle banche (quelle americane hanno ridotto i prestiti del 14% dal 2008 al 2011, poi il dato è passato in positivo del +4% ma da quando c’è Trump c’è stata un’ulteriore riduzione) hanno portato le aziende e gli individui, su base globale, a ridurre i loro livelli di debito, bloccando l’inflazione”

 

Partito il tapering globale, una catastrofe?

Nel frattempo la scorsa settimana la Federal Reserve ha annunciato la storica decisione di avviare la progressiva riduzione dell’ammontare di titoli detenuti, a partire dal mese di ottobre. Cosa succederà ora? “se diminuisce il bilancio della Fed – ha detto Greenwood – le prime ricadute si avranno sui depositi delle banche. Il timore è che si entri in una contrazione creditizia: si riduce il bilancio della Fed, si assottigliano i depositi delle banche e quindi ci sarà meno credito. A questo punto anche la Bce dovrà muoversi con molta cautela”.