Notizie Notizie Mondo Banche irlandesi gelate in Borsa dalla vittoria del Sinn Féin. Il populismo si conferma fattore di rischio per il 2020

Banche irlandesi gelate in Borsa dalla vittoria del Sinn Féin. Il populismo si conferma fattore di rischio per il 2020

10 Febbraio 2020 12:13

Il populismo è tutto fuorché defunto in Eurozona. Forte ondata di sell off oggi sui titoli delle banche irlandesi dopo la vittoria, alle elezioni generali del paese, del partito nazionalista di sinistra Sinn Féin.

Guidato da Mary Lou McDonald, il partito ha battuto i partiti tradizionali irlandesi Fine Gael and Fianna Fáil, non riuscendo tuttavia ad aggiudicarsi la maggioranza del Dàil, il Parlamento irlandese. Detto questo, è bastato il suo indiscutibile successo – sostegno dell’elettorato pari al 24,5% – ad allontanare gli investitori dai titoli bancari irlandesi: Bank of Ireland ha ceduto fin oltre il 6%, Allied Irish Bank è scivolata di oltre -5%.

Nel commentare gli smobilizzi, intervistati da Marketwatch, gli analisti della società di brokeraggio irlandese Goodboy hanno ricordato che è improbabile che le proposte più estreme di Sinn Féin diventino realtà: tuttavia, esiste qualche rischio riguardo alla proposta di imporre tasse più alte alle aziende e a quella di portare la banca centrale irlandese a stabilire un tetto massimo per i tassi sui mutui.

Oggi i soliti timori e sospetti sul coronavirus zavorrano l’andamento dei mercati azionari mondiali, che hanno continuato a riportare performance di tutto rispetto nelle ultime sessioni. Cosa dire invece dell’obbligazionario?

Prende la parola Ariel Bezalel, Head of Strategy, Fixed Income di Jupiter, che cerca di fare il punto della situazione nella nota dal titolo più che indicativo: “I mercati stanno festeggiando come nel 1999?”

Bezalel “spiega come mai un approccio difensivo e agile agli investimenti in obbligazioni globali rimane vitale in un mondo in fase avanzata del ciclo, con una bassa crescita, ancora più vulnerabile a shock imprevisti. “Il fatto che le banche centrali abbiano ricominciato a supportare i mercati attuando tagli dei tassi e operazioni di quantitative easing ‘sotto copertura’ come avevamo anticipato a inizio 2019, è un chiaro segnale che nell’economia sottostante le cose non sono ancora sistemate”, spiega Ariel, che parla di “un anno straordinario per il mercato obbligazionario”.

“Dopo le pesanti vendite di asset di rischio alla fine del 2018 – sottolinea l’esperto – i mercati erano preoccupati per l’ingresso nel 2019. La riduzione del sostegno da parte delle banche centrali globali ha richiamato l’attenzione sul peggioramento dei dati macroeconomici, sull’avanzamento del ciclo economico, sull’esplosione del debito delle imprese e sull’aumento del rischio geopolitico in tutto il mondo. Di conseguenza, i mercati hanno iniziato a rivalutare il rischio in modo più moderato. La Federal Reserve (“Fed”) e la Banca Centrale Europea (“BCE”) sono intervenute all’inizio del 2019 per rassicurare gli investitori che il sostegno era ancora presente e che non era previsto un ulteriore inasprimento. Date queste premesse, il 2019 è stato un anno notevole per quanto riguarda i rendimenti obbligazionari. Il periodo compreso tra gennaio e agosto 2019 ha visto alcuni dei maggiori movimenti relativi nella storia dei tassi, con i rendimenti dei titoli di Stato dei mercati più sviluppati che sono diminuiti per oltre il 50% (il che significa che i prezzi sono aumentati). Il sentiment ha raggiunto il minimo durante l’estate, quando il rendimento dei Treasury statunitensi a 10 anni (un indicatore chiave della fiducia) è sceso a un minimo intra-day dell’1,44% in agosto. A questo punto oltre 30 banche centrali avevano già tagliato i tassi di interesse”.

ATTENTI AL FOMO (FEAR OF MISSING OUT)

Il responsabile della strategia della divisione del reddito fisso di Jupiter va oltre e si sofferma su un fenomeno, in particolare, che sta pilotando non poco la dinamica dei mercatii: il FOMO.

“La propensione al rischio è tornata in modo aggressivo negli ultimi mesi del 2019. Ma sembra che sia la “paura di essere tagliati fuori”, ovvero la FOMO (Fear Of Missing Out), in combinazione con la Fed che ha aumentato in modo significativo gli acquisti di T-bills per alleviare lo stress sui mercati repo overnight, ad essere il motore principale, piuttosto che un miglioramento tangibile dei fondamentali economici. Dopo aver ridotto il proprio bilancio attraverso un quantitative tightening (‘QT’) di circa 3,7 mila miliardi di dollari a fine agosto, la Fed lo ha nuovamente ampliato rapidamente di circa 400 miliardi di dollari nell’arco di soli 3 mesi e mezzo. La Fed ha insistito che ciò non rappresenta “in alcun modo” un’azione di quantitative easing e sia solo una misura temporanea, ma si tratta di un’inversione di più della metà del suo programma di QT”.

L’esperto continua ricordando le parole di Milton Friedman: “Niente è così permanente come un programma di governo temporaneo”!

“Sembra che gran parte di questa iniezione di liquidità abbia trovato la sua strada nel rally del rischio. Ci sono paralleli eclatanti con i mercati nel 1999-2000, quando la Fed ha pompato enormi quantità di liquidità nei mercati repo per affrontare le preoccupazioni che il famigerato ‘millennium bug’ avrebbe causato il caos informatico globale. Ma il bug non si è verificato; e la settimana in cui la Fed ha ritirato il suo sostegno nell’aprile 2000, l’indice NASDAQ è sceso del 25%”.

COSA SUCCEDERA’ QUANDO LA FED STACCHERA’ LA SPINA SUL MERCATO REPO?

Di conseguenza, ora “la grande domanda ora è: cosa succederà quando la Fed interromperà il supporto del mercato repo nel secondo trimestre di quest’anno?” Intanto, fa notare Ariel Bezalel, “l’ottimismo nei confronti degli Stati Uniti e della Cina, che si sono accordati sui colloqui commerciali, ha anche accresciuto il sentiment nel quarto trimestre. L’accordo di “prima fase” potrebbe portare momentaneamente a un allentamento delle tensioni commerciali tra i due Paesi. Ma nel lungo termine riteniamo che questo sia solo l’inizio di una lunga guerra fredda tra le due superpotenze e che le tensioni intorno al commercio continueranno probabilmente per anni. Le questioni più tecniche e complesse relative alla proprietà intellettuale e alle sovvenzioni in corso verso le imprese statali saranno molto difficili da risolvere”.

Secondo Bezalel, inoltre, “il populismo è qui per restare”.

“Le proteste popolari di quest’anno in Bolivia, Cile, Ecuador, Egitto, Francia, Spagna, Hong Kong, Indonesia, Iraq, Iran, Libano (e non solo) riflettono una varietà di cause. Ma tutti questi Paesi stanno vivendo il malcontento economico e il crescente risentimento per le disuguaglianze. I continui disordini civili e il contraccolpo populista contro la globalizzazione, il commercio, le migrazioni e la tecnologia sono quindi destinati a continuare, e rimarranno una fonte di rischio per il 2020″.

INVITO ALLA PRUDENZA, ECCO SU QUALI TITOLI DI STATO PUNTARE

L’esperto di Jupiter invita alla prudenza:

Il picco del tasso dei fondi Fed si è abbassato ad ogni ciclo per quasi 40 anni (come è visibile dal grafico sottostante). L’aumento più recente del tasso al 2,4% rappresenta il picco del ciclo attuale, il più basso nella storia del dopoguerra. Entrando nel 2020, sembra che l’economia statunitense stia ‘nuotando nuda’ – per citare l’analogia di Warren Buffett – senza una politica fiscale all’orizzonte né titoli di giornale positivi sul commercio cinese che possano influenzare il sentiment. Sul breve termine, gli asset di rischio continueranno probabilmente a crescere con la Fed che continua a intervenire nei mercati monetari. Tuttavia, non appena la Fed eliminerà il supporto, gli asset di rischio saranno vulnerabili, soprattutto se i dati economici non miglioreranno. In ultima analisi, ci aspettiamo che le potenti forze deflazionistiche di un debito eccessivo, dell’invecchiamento demografico e delle perturbazioni tecnologiche si riaffermino ancora una volta sotto forma di rendimenti più bassi. Questo è il motivo per cui mi aspetto che la crescita degli Stati Uniti fatichi nel secondo e terzo trimestre del 2020, il che dovrebbe creare ulteriore pressione per un altro taglio dei tassi da parte della Fed. Ultimamente si è scritto molto sul fatto che le importanti emissioni di Treasury potrebbero pesare sui mercati obbligazionari. Tuttavia, la storia ha dimostrato che la direzione dei rendimenti del Treasury è costantemente determinata dalle prospettive dei tassi di interesse e dalle aspettative di inflazione”.

Di conseguenza, “considerando che le prospettive di crescita globale rimangono molto impegnative, rimango rialzista su titoli di Stato statunitensi e australiani a più lunga scadenza e di alta qualità e cauto sul credito più rischioso. In questa fase avanzata del ciclo, mantenere questo profilo molto liquido rimane la mia priorità, in modo che la nostra strategia obbligazionaria globale senza vincoli possa continuare ad essere abbastanza agile da cambiare con il mutare dei fatti”.