Notizie Notizie Mondo Schiaffo di Powell a Trump, Fed alza tassi. Mercati, l’alert: ‘Questo sell off rischia di diventare sistemico’

Schiaffo di Powell a Trump, Fed alza tassi. Mercati, l’alert: ‘Questo sell off rischia di diventare sistemico’

20 Dicembre 2018 08:37

E’ come se la Federal Reserve di Jerome Powell avesse dato il colpo di grazia a una Wall Street già tramortita dalle vendite.

La banca centrale Usa guidata da Jerome Powell ha snobbato gli avvertimenti lanciati ripetutamente da Donald Trump, e anche quelli contenuti nel recente articolo del Wall Street Journal Editorial, “Time for a Fed Pause”, andando dritta per la sua strada. Esattamente, la strada del rialzo dei tassi.

Ieri il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, ha così alzato i tassi sui fed funds Usa di un quarto di punto percentuale, come da attese, al nuovo range compreso tra il 2,25% e il 2,5%.

La Fed ha tuttavia rivisto al ribasso le stime sulle prossime strette monetarie contenute nel dot plot e relative al 2019: ora prevede due nuove strette l’anno prossimo, rispetto alle tre anticipate in precedenza. Inoltre, gli outlok sull’inflazione e sulla crescita del Pil Usa del 2018 e 2019 sono stati rivisti al ribasso rispetto alle previsioni di settembre.

Wall Street non ha preso affatto bene le dichiarazioni di Jerome Powell sull’intenzione di continuare a varare nuove strette monetarie, soprattutto a fronte del taglio delle stime, sebbene sia il caso di dire che il Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – ha comunque riferito di essere ottimista sulle prospettive di lungo periodo.

Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq sono capitolati così ai nuovi minimi dell’anno: il Dow Jones in particolare è crollato di oltre 700 punti dai massimi testati durante la sessione, quando guadagnava 380 punti, chiudendo in ribasso di 351,98 punti, al livello minimo del 2018, a quota 23.323,66.

Effetto Fed anche sulla borsa di Tokyo, che ha segnato un tonfo di quasi il 3%, mentre la borsa di Shanghai ha visto protagonisti i cali soprattutto dei titoli bancari, dopo l’annuncio della banca centrale People’s bank of China.

La situazione in cui versa Wall Street si fa sempre più preoccupante: il 2018 si sta confermando l’anno peggiore dal 2008. Il trimestre in corso è inoltre il peggiore dal quarto trimestre del 2008, e il mese di dicembre è il peggiore dal 1931. Tanto che Scott Minerd, socio fondatore presso Guggenheim Partners, lancia un avvertimento shock: “Questo sell off rischia di diventare un problema sistemico”.

Così Lee Ferridge, responsabile Multi-Asset Strategy per le Americhe di State Street Global Markets:

“Come ampiamente atteso, mercoledì il FOMC ha aumentato i tassi di 25 punti base, segnando il quarto incremento del 2018. Tuttavia, tale azione è stata accompagnata da una riduzione delle aspettative della Fed per le azioni politiche da intraprendere nel 2019, con il “dot” mediano che adesso stima due ulteriori incrementi dei tassi per il prossimo anno (e non più tre). I dati più contrastanti (in particolare quelli del mercato immobiliare), una riduzione dei timori legati all’inflazione a causa del forte calo dei prezzi del petrolio, le preoccupazioni per l’economia globale e una forte volatilità dei mercati degli asset potrebbero aver influito sulla valutazione della Fed per il 2019. Tuttavia, non sono stati annunciati cambiamenti al programma di riduzione del bilancio (QT – Quantitative Tightening) e questo dovrebbe tradursi in una maggiore volatilità dei mercati, nonostante il messaggio di incremento dei tassi più favorevole lanciato dalla Banca Centrale”.

Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, mette in evidenza il rischio che la Fed commetta un grave errore di politica monetaria, continuando ad alzare i tassi:

“Nella Dot Plot i rialzi sono passati da 3 a 2 nel 2019, mentre il tasso neutrale di medio periodo è sceso al 2,75. Le previsioni di crescita sono state abbassate per il 2019 di 0,2% a 2,3% e quelle di inflazione a 1,9% da 2%. La Fed sembra essere ottimista nel breve ma più prudente a medio termine. “Nella Conference, Powell ha chiarito che vi sono segnali di rallentamento e che le condizioni finanziarie si sono inasprite, ma ha rivendicato in vari modi che l’economia USA entra nel 2019 con un buon ritmo. Al momento non serve che la politica monetaria sia espansiva, basta che sia neutrale. In ogni caso il Committee lascerà che siano i dati a parlare e indicargli la strada: non c’è alcun percorso fissato (..) Una chiara notazione alla Casa Bianca: *POWELL: POLITICAL CONSIDERATIONS PLAY NO ROLE IN FED POLICY”

“Non proprio quello che il mercato sperava di sentire – sottolinea Sersale – Wall Street ha fatto buon viso a cattivo gioco allo statement, ma quando ha iniziato a sentire affermazioni come che “la politica monetaria offrirà un supporto inferiore nel 2019”, “un po’ di volatilità non lascia il segno sul ciclo“, e “nessun mercato in particolare offre precise indicazioni macro” ha iniziato ad agitarsi, e l’S&P è arrivato a perdere il 2% prima di trovare un temporaneo rimbalzo”.

“Per il resto, tassi in ribasso sulla parte lunga della curva e in rialzo sul breve, e dollaro in calo. Il fatto è che il nervosismo sui mercati era alle stelle, e la reazione all’atteggiamento più aggressivo e ottimista delle attese, la scarsa attenzione ai movimenti degli asset, e gli accenni al fatto che al momento non serve easing era da mettere in conto. Magari, una volta sfogatosi, il mercato metterà l’accento sugli aspetti positivi: la fiducia nella ripresa, l’attenzione ai dati, etc. A tale proposito, vista l’importanza data dagli investitori al numero di eventuali rialzi ancora previsti in questo ciclo, vale la pena di ricordare che, negli ultimi 40 anni, mai un bear market è iniziato prima che la FED avesse concluso il ciclo di rialzi. Anzi, nei casi del 2000, e del 1990 il calo iniziò dopo il primo taglio dei Fed Funds. In altre parole, storicamente la Fed è stata più brava del mercato a prevedere il rallentamento, anche se non brava abbastanza da prevenirlo (impresa forse impossibile)”.

In questa situazione, conclude lo strategist di Anthilia, 

“considerando che l’ultimo massimo lo abbiamo segnato a settembre, dovesse essere quello a rivelarsi il top, saremmo di fronte ad un inedito, oltre che presumibile un errore di politica monetaria“.