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In Giappone sarà boom di utili societari

6 Novembre 2017 16:29

 

 

Nel primo semestre il Giappone ha segnato un tasso di crescita dell’1,5%, performance di tutto rispetto per un’economia il cui potenziale di crescita stimato è dell’1%. L’espansione dell’economia giapponese è stata favorita da tutti i fattori guida della domanda privata: esportazioni, investimenti produttivi, spesa delle famiglie.

La forza di questa fase di crescita – spiega Raphael Gallardo, multi-asset strategist di Natixis AM – sta nel fatto che essa non è guidata soltanto dal miglioramento degli scambi commerciali a livello mondiale, come è accaduto nelle false partenze dell’economia giapponese che si sono verificate negli ultimi venti anni, ma è il risultato delle sinergie delle tre frecce del programma economico del Primo Ministro Shinzo Abe, ovvero stimoli fiscali, politica monetaria accomodante, riforme strutturali”.

 

Le riforme di Abe

 

Come spiega Gallardo, la politica monetaria nipponica è basata su tre aree (Quantitative Easing, politica di tassi negativi e controllo della curva dei tassi) al fine di mantenere lo yen debole e i tassi a lungo termine bassi, nonostante la continua insostenibilità del deficit (il debito pubblico è stato monetizzato al 45%).

Quanto alle riforme, quelle del mercato del lavoro a sostegno della crescita della presenza della manodopera femminile sono state in grado di assicurare il mantenimento di ampi margini da parte delle imprese, nonostante la piena occupazione con un tasso di disoccupazione risibile al 2,8 per cento.

 

Il problema dell’inflazione

 

Questa politica economica ha i suoi limiti, il primo dei quali è un’inflazione ancora lontana dal target del 2%, “e ciò rende l’economia vulnerabile a un ritorno alla deflazione nel caso di shock esterni”, spiega Gallardo. E ancora. Il miglioramento delle finanze pubbliche è rallentato, mentre l’invecchiamento della popolazione si è tradotto in un’erosione delle attività estere del Paese, attualmente pari al 65% del Pil.
Anche in tema di incentivi per le istituzioni finanziarie – al fine di rendere i loro portafogli più internazionali – pende una lama a doppio taglio: “Da una parte, infatti, potrebbero scatenare una incontrollabile fuoriuscita di capitali nel caso di una perdita di fiducia nella politica monetaria, nel caso in cui le aspettative di inflazione dovessero salire – dice lo strategist – Dall’altra, le banche giapponesi sono diventate le più grandi prestatrici del mondo di eurodollari, esponendole al rischio di una stretta potenziale sulla liquidità del dollaro in caso di quantitative tightening della Fed”.

 

Boom di utili societari

 

Va detto che per il momento il fallimento della Bank of Japan nello spingere al rialzo le attese di inflazione ha salvaguardato paradossalmente dal rischio di vendite su yen e titoli governativi giapponesi (JGB). “Le fuoriuscite di capitale – spiega Gallardo – sono state inoltre limitate dal rinnovato premio sullo swap dollaro-yen che ha ridotto l’appeal dei bond statunitensi una volta incorporato il costo della copertura”. Ed è proprio per questo motivo che la crescita giapponese è particolarmente robusta e sbilanciata in favore dei profitti societari con la crescita attesa degli utili delle società quotate superiore al 10 per cento.

 

Azionario di qualità
 
Quanto ai mercati. le valutazioni delle azioni giapponesi sono molto attraenti e la Banca del Giappone continua a comprare azioni attraverso gli ETF. “Continuiamo a sovrappesare le azioni giapponesi nei nostri portafogli multiasset”, dice Gallardo, che spiega come i rischi di questo posizionamento siano innanzitutto politici.

La crescita giapponese dipende infatti dallo slancio della Cina, ma un ribaltamento del ciclo cinese sembra improbabile nel breve periodo dopo il make-up del Partito Comunista nell’ultimo congresso. “Tuttavia, le elezioni del 22 ottobre hanno già avuto un impatto sulla politica economica giapponese: l’emergere di una nuova opposizione guidata dal governatore di Tokyo, Yuriko Koike, ha obbligato il governo a prendere nuovi impegni fiscali, con la metà delle entrate derivanti dall’aumento dell’imposta sul valore aggiunto nel 2019 che finiranno nel budget dedicato all’educazione”.
Soprattutto rimangono le minacce geopolitiche. “L’eccedenza commerciale giapponese, gonfiata dalla politica di uno yen debole, potrebbe attirare l’ira della Casa Bianca, come è accaduto con Reagan”, spiega Gallardo. Che conclude: “Il Giappone infine è esposto al rischio di un’escalation nella crisi nordcoreana: questo problema è un rischio sistemico per tutte le asset class che copriamo in parte attraverso la nostra esposizione all’oro e al dollaro”.