Forex: Mario Draghi dà la spinta giusta all’euro si avvicina a soglia 1,14, Trump frena il dollaro
Anche oggi l’attenzione degli investitori rimane rivolta al mercato forex. Ed è ancora l’euro a rimanere sotto i riflettori all’indomani del rally della valuta unica innescato dalle parole del governatore della banca centrale europea (Bce), Mario Draghi. Una corsa che ha portato la moneta di eurolandia a infrangere ieri la soglia di 1,13, e in mattinata è ancora impostato al rialzo e nel mirino ha la soglia di 1,14. In questo momento il cambio euro dollaro si muove in area 1,1372, con un rialzo dello 0,29%, toccando i massimi a un anno.
Da Sintra, in Portogallo, dove è in corso il Forum annuale della Bce sulla politica monetaria, Draghi ha dichiarato che tutti i segnali confermano un rafforzamento e un ampliamento della ripresa dell’economia dell’Eurozona, visto che le forze deflazionistiche sono state sostituite da quelle reflazionistiche. Dichiarazioni che hanno scatenato la speculazione della possibile fine delle misure di stimolo Bce.
Tra le frasi di Draghi su cui si sono soffermati i mercati: “La politica monetaria sta riuscendo a costruire pressioni reflazionistiche, ma questo processo è rallentato da una combinazione di choc sui prezzi che arriva dall’esterno, dalla fragilità del mercato del lavoro e da un cambiamento nel rapporto tra debolezza e inflazione. Il recente periodo di bassa inflazione è stato un altro fattore che ha riproposto queste dinamiche”, ha dichiarato il numero uno dell’istituto di Francoforte.
E ancora: “Con l’economia che si rafforza, dovremo essere graduali nell’aggiustare i parametri della nostra politica, al fine di assicurare che le nostre misure di stimoli accompagnino la ripresa in un contesto in cui permangono ancora incertezze“.
Per Carlo Alberto De Casa, capo analista di ActivTrades, interpellato da Borse.it, “i mercati hanno esaminato le parole di Draghi, interpretandole in modo positivo, quasi come un segnale legato all’imminenza della riduzione del QE”. “Personalmente credo siano state sovrappassate rispetto alle intenzioni di Draghi (che fino a fine anno non cambierà l’attuale QE), ma tuttavia rispecchiano la necessità che i mercati sentono di una riduzione della differenza fra la politica monetaria Usa e quella del Vecchio Continente”, sottolinea De Casa.
Nel corso del suo discorso, il governatore della Bce, Mario Draghi, si è poi soffermato sulla questione “Temporary external shocks”. L’utilizzo della parola “Temporary”, spiega l’esperto di ActivTrades, ha fatto sì che gli operatori abbiano interpretato la cosa, appunto, come temporanea, in uno scenario destinato a cambiare (verosimilmente in positivo) nei prossimi mesi. Detto in altre parole: in altre parole il QE potrebbe avere se non le ore almeno i mesi contati. Di conseguenza, da questo momento in poi si apriranno e terranno banco le speculazioni circa le possibili modalità di rientro dal QE, che senz’altro saranno graduali.
Zona euro: per S&P Pil 2017 a +2%
Intanto stamatina sono arrivate anche le nuove previsioni economiche di Standard & Poor’s sulla zona euro. L’agenzia di rating ha rivisto al rialzo le proprie stime vedendo un’espansione oltre il potenziale dell’area euro sia nel 2017 sia nel 2018. Nel dettaglio, gli esperti si attendono per la zona euro un PIL in crescita al ritmo del 2% nel 2017, rispetto all’1,6% della precedente previsione di marzo, e dell’1,7% nel 2018 (da 1,5% precedente).
Trump frena il dollaro, ancora incertezza sul fronte riforme
Olttremanica, debolezza diffusa per il dollaro. Come testimonia l’andamento del Dollar Index, che mette in relazione il biglietto verde a un paniere delle principali valute mondiali, viaggia sotto quota 96, mostrando una flessione di circa lo 0,3 per cento. Sui mercati continua a dominare i timori legati all’attuazione dell’agenda economica dell’amministrazione Trump.
Insomma il piano di stimolo all’economia sbandierato da Donald Trump tarda a concretizzarsi e l’incertezza che aleggia attorno all’amministrazione e al Congresso lasciano intendere che la realizzazione dei punti cardine dell’agenda risulta ancora in bilico. Per Trump lo scoglio più duro da superare rimane quello della riforma sanitaria. Le divisioni interne al partito repubblicano sulla riforma che prenderà il posto dell’Obamacare rimangono, con il voto defintivo che è ora rimandato al 4 luglio.
(news aggiornata alle 11.30)