Notizie Notizie Mondo Usa, La Fed verso un ridimensionamento della situazione patrimoniale. Il lodo del “tetto del debito”

Usa, La Fed verso un ridimensionamento della situazione patrimoniale. Il lodo del “tetto del debito”

1 Settembre 2017 12:50

 

Nei mercati obbligazionari l’attenzione è tutta rivolta alla prevista riduzione dello stato patrimoniale della Federal Reserve, ovvero alla chiusura del Quantitative Easing. Naturalmente, così come la Fed ha alzato i tassi di interesse in modo molto graduale, anche il ridimensionamento delle posizioni in Treasury e in altre obbligazioni da parte della Banca centrale americana sarà un processo lento, e si spera senza particolari scossoni. “Ma non è detto che il nocciolo della questione sia questo – afferma Chris Iggo, CIO Obbligazionario di AXA Investment Managers – potrebbe invece essere l’impatto sui mercati finanziari e sull’economia in generale: basti pensare a uno dei meccanismi di trasmissione chiave del QE, ovvero l’effetto di bilanciamento del portafoglio”. Ma di che cosa si tratta? Quando la Fed ha acquistato titoli (del Tesoro e MBS garantiti da ipoteca) dal settore privato (famiglie e istituti finanziari) ha immesso liquidità nell’economia attraverso la creazione di riserve detenute presso la Banca centrale. Nel contempo, gli operatori del settore privato che hanno venduto le obbligazioni alla Fed hanno speso la liquidità in consumi, oppure l’hanno reinvestita in strumenti finanziari diversi dai Treasury, come obbligazioni societarie, titoli high yield, mercato  immobiliare o azioni. “Questo effetto di ribilanciamento del portafoglio ha portato a un incremento dei prezzi degli strumenti più esposti al rischio e a un effetto ricchezza positivo per i proprietari di tali strumenti che ha contribuito al miglioramento dell’economia”, spiega Iggo.

 

Gli impegni della FED

 

Ora la Fed ritiene di aver risolto da tempo il problema della liquidità e del credito sorto con la crisi. E crede inoltre che l’inflazione salirà se la disoccupazione continuerà a scendere. Pertanto ha intenzione di ritirare gran parte degli stimoli che ha introdotto nell’economia dopo la crisi. “Si trova “dietro la curva” rispetto a quello che dovrebbe essere il livello dei tassi a breve secondo la Taylor Rule, e deve equilibrare il costante rialzo dei tassi a breve con la riduzione del bilancio – dice lo strategist – Il Tesoro tuttavia ha ancora la necessità di finanziare un deficit di bilancio di circa 5 miliardi di dollari al mese, e dunque continuerà a emettere obbligazioni e titoli del Tesoro”. Ma se ad acquistarli non sarà la Fed, allora dovrà farlo il settore privato e, affinché ciò accada, il rendimento previsto sui Treasury dovrà essere più alto del rendimento di altri strumenti (in termini adeguati al rischio). “Questo significa rendimenti più alti e una preferenza degli investitori per i titoli di Stato rispetto agli strumenti più esposti al rischio. E questo spostamento dell’interesse comporterà un aumento degli spread di credito, probabilmente associato a un calo dei prezzi azionari”, spiega Iggo.

 

Che cosa può accadere

 

Quali le conseguenze? In primo luogo, secondo Iggo, il ridimensionamento della situazione patrimoniale della Fed avverrà molto lentamente. Inoltre le prospettive per i tassi e la riduzione del bilancio sono nelle mani del FOMC (Federal Open Market Committee) e dipendono dalla sua interpretazione dei dati economici: se ci saranno segnali di rallentamento dell’economia o di delusione sul fronte dell’inflazione, la Banca centrale americana potrà ritardare ancora la normalizzazione. “Non sono certo che azioni e credito continuino a riportare le stesse performance a fronte di uno scenario di rallentamento della crescita, e ciò potrebbe preannunciare un ulteriore indebolimento del dollaro”, dice Iggo. Infine, sempre secondo lo strategist, la Fed potrebbe far ripartire il QE se la situazione si aggraverà, ma in questo modo non farebbe altro che ritardare l’inevitabile. “Nulla può fermare la discesa dei rendimenti nel breve termine, ma le prospettive a più lungo termine indicano che i prezzi delle attività finanziarie potrebbero correggersi in caso di una variazione della politica monetaria”, commenta lo strategist.

 

L’innalzamento del tetto

 

La preoccupazione a più breve termine per gli investitori obbligazionari riguarda però il tetto del debito. Il livello del debito federale in circolazione oggi è infatti superiore al tetto prestabilito di 1.980 miliardi di dollari. Se il Congresso non accetterà di innalzare il tetto del debito, il Tesoro non sarà in grado di raccogliere altri capitali e resterà senza i soldi necessari per i pagamenti abituali, ovvero le cedole e le scadenze del debito in circolazione, e quindi sarà insolvente. “È assai poco probabile che ciò accada, ma in caso di un’escalation delle recenti tensioni tra la Casa Bianca e il Congresso, la fiducia del mercato nei policymaker subirà un nuovo colpo – spiega Iggo – Nel 2015 quando si arrivò a un’impasse analoga, a risentirne fu il rating di credito degli Stati Uniti”. L’avvio del processo di riduzione del bilancio da parte della Federal Reserve, abbinato al caos politico sul tetto del debito, non è un fattore positivo per la stabilità del mercato obbligazionario né per il dollaro. “La scorsa settimana ho espresso le mie preoccupazioni per i mercati del credito. Un’eventuale avversione al rischio derivante da questi timori per i Treasury potrebbe tramutarsi molto facilmente in un aumento della volatilità dei prezzi azionari e in un ampliamento degli spread di credito”, conclude Iggo.