Petrolio in rally: il mix di fattori che sostiene la corsa del Brent
L’escalation delle tensioni in Medio Oriente dopo l’attacco israeliano a Damasco all’ambasciata iraniana piomba sui mercati, con significativi risvolti sulle quotazioni delle materie prime. Da una parte spinge ulteriormente al rialzo le quotazioni dell’oro, bene rifugio per eccellenza, che registra un nuovo record sopra i 2.250 dollari l’oncia, e dall’altra sostiene il petrolio che torna a correre con il petrolio Brent (riferimento europeo) a un passo dalla soglia dei 90 dollari al barile (si tratta dei massimi da cinque mesi).
Soffermiamoci sulle performance del petrolio e vediamo il mix di fattori che sta sostenendo il greggio.
Geopolitica, domanda e offerta: il mix di fattori che guida il petrolio
Il petrolio è tornato ad essere un sorvegliato speciale sui mercati. In particolare, il Brent che negli ultimi giorni ha accelerato e si è portato a un passo di 90 dollari al barile (il livello più alto dall’ottobre 2023). Una corsa alimentata, spiega Ricardo Evangelista, analista senior di ActivTrades, dall’ottimismo del mercato sul miglioramento delle prospettive economiche globali, che segnala un aumento della domanda. Lato offerta, l’escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente ha alimentato le preoccupazioni sull’offerta. “Il recente attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco segna un altro sviluppo inquietante, esacerbando ulteriormente un conflitto incentrato su Gaza ma che getta un’ombra sull’intera regione – rimarca l’esperto -. Se questo conflitto dovesse intensificarsi, potrebbe interrompere in modo significativo le catene di approvvigionamento globale di greggio. Le reazioni del mercato sono state rapide e l’incertezza derivante dall’aumento delle tensioni è stata inserita nei prezzi”.
Osservando la recente corsa del Brent, gli strategist di Mps Capital Services invitano a considerare “un combinato disposto dei seguenti fattori“. Tra cui “una minore offerta disponibile causata dall’estensione dei tagli alla produzione da parte dell’Opec+ per tutto il secondo trimestre”, ma anche “una minore produzione russa in seguito agli attacchi dei droni ucraini nei confronti di alcune importanti raffinerie del Paese” e “un maggiore ottimismo sulla domanda globale alla luce della resilienza dell’economia Usa e dei dati macro cinesi che, di recente, hanno sorpreso al rialzo”.
Carlo Alberto De Casa, analista di Swissquote, aggiunge: “i dati macroeconomici relativi al settore manifatturiero americano riducono la pressione sulla Fed per tagli ai tassi già dal prossimo meeting. Nonostante ciò, il petrolio non scende, anzi è ai massimi da cinque mesi. Questo perché gli operatori si attendono una domanda in aumento (l’economia americana sta reggendo bene ai tassi alti, ma il discorso vale su scala globale) e anche perché le tensioni geopolitiche potrebbero frenare l’offerta. Si pensi ai recenti attacchi alle raffinerie russe. Inoltre, l’Opec+ il mese scorso ha confermato i tagli alla produzione del petrolio di due milioni di barili al giorno. Un mix di fattori che determinano una richiesta di oro nero anche sui mercati finanziari”.
Opec+: domani la riunione del joint ministerial monitoring committee
Intanto domani si attende la riunione del comitato conosciuto come Joint Ministerial Monitoring Committee (Comitato Ministeriale Congiunto di Monitoraggio), l’organo che comprende ministri provenienti dall’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) e alleati che sarà chiamato ad esaminare il mercato e l’attuazione da parte dei membri dei tagli alla produzione. Secondo alcune anticipazioni dell’agenzia Reuters, non ci dovrebbero essere novità sul fronte dell’attuale output policy che vede tagli volontari addizionali di 2,2 milioni di barili al giorno.
Gli strategist di Mps Capital Services si soffermano sulle indicazioni contenute nell’ultimo rapporto mensile dell’Opec, dal quale emerge la presenza di un deficit globale di produzione atteso perdurare per tutto il 2024. “Ipotizzando che la produzione Opec sia mantenuta più o meno ai livelli attuali per l’intero 2024 (26,6 mln b/g), il mercato andrà incontro ad un aumento del deficit globale nei prossimi trimestri, poiché la produzione ex-Opec non riuscirà a reggere i ritmi del rafforzamento della domanda – segnalano gli esperti -. Al momento, infatti, il cartello sta producendo meno rispetto al livello produttivo teorico necessario per mantenere il mercato in equilibrio (cosiddetto “Call” on Opec)”.
Brent e le stime di Mps Capital Services
La prossima importante riunione dell’Opec+ è in calendario il prossimo primo giugno durante sarà chiamata a decidere se estendere e in quale misura gli attuali tagli volontari alla produzione per oltre 2 mln b/g. “In prospettiva l’atteggiamento proattivo dell’Opec+ con la creazione volontaria di un deficit globale di produzione, unito a condizioni macroeconomiche globali migliori del previsto (soprattutto negli Stati Uniti) rischia di erodere l’ammontare delle scorte disponibili presso i Paesi Ocse”, segnalano da Mps Capital Services indicando di conseguenza il livello di equilibrio segnalato nell’ultimo focus aumenta da 75 a 80 dollari al barile con oscillazione di +/-10$. Secondo le loro stime, nei prossimi 2-3 mesi la tendenza delle quotazioni potrebbe essere quella di collocarsi mediamente nella parte superiore del canale (quindi 80-90 dollari al barile) in scia all’atteso rafforzamento della domanda di carburanti durante l’estate grazie all’avvio della driving season USA ed alla maggiore mobilità delle persone per viaggi.
Lo scenario di rischio al ribasso potrebbe, invece, manifestarsi nel caso di improvviso deterioramento dell’economia statunitense, rinnovate difficoltà economiche della Cina, oppure in presenza di un evento straordinario non prevedibile che crei un risk-off generalizzato sugli asset rischiosi globali.
Ecco il consenso degli analisti raccolto da Bloomberg che si aspetta mediamente prezzi inferiori ai livelli attuali per la restante parte dell’anno.