Petrolio al record in due anni, effetto purga saudita e tensioni geopolitiche. Analisti: è mercato impazzito
Prezzi del petrolio rallentano, ma l’outlook ora è bullish, tanto che, secondo Roberto Friedlander, responsabile del trading sul settore energetico presso Seaport Global Securities, è più probabile che le quotazioni salgano verso i $70 al barile che scendano verso quota $50.
A scatenare i buy sul Brent e sul contratto WTI scambiato sul Nymex è stata la notizia della purga con cui la famiglia reale saudita ha arrestato 11 principi e diversi funzionari e imprenditori del paese. La maxi retata ha avuto un effetto shock sui mercati sauditi e ha destato scalpore in tutto il mondo, visto che in manette è finito lo stesso principe Alwaleed, noto investitore che detiene quote nei capitali di colossi del calibro di Apple, Twitter, Citigroup.
I timori di disordini interni legati a quanto sta accadendo in Arabia Saudita e l’escalation delle tensioni geopolitiche a seguito del lancio di un missile dallo Yemen verso la capitale saudita Riad hanno fatto salire in queste ultime ore la febbre per il petrolio, con il contratto WTI che ha terminato la sessione di lunedì con un balzo del 3,1%, a $57,35, e le quotazioni del Brent salite di $2,04, o del 3,3%, a $64,11.
Si tratta di valori che non si vedevano rispettivamente dal luglio e dal giugno del 2015, dunque dei massimi in due anni.
Così, intervistato dalla Cnbc, Tom Kloza, responsabile globale della divisione di analisi sull’energia presso Oil Price Information Service:
“Potete fare riferimento a tutte le varie notizie che escono quando si è in presenza di un mercato impazzito, e questo a cui assistiamo ora è un mercato impazzito“.
In generale, gli analisti motivano il balzo della vigilia con la purga dell’Arabia Saudita, ma soprattutto con le incertezze provenienti dal fronte geopolitico: incertezze che, a loro avviso, avrebbero scatenato l’interesse sul petrolio degli “spiriti animali”.
Andy Lipow, direttore della Lipow Oil Associates, ha ricordato tra i motivi dei corposi rialzi il lancio del missile verso Riad, che ha confermato la situazione di alta tensione che caratterizza l’area, con gli scontri tra l’Arabia Saudita e i ribelli in Yemen supportati dall’Iran. Così, come, un altro segnale della tensione nell’area è arrivato dalle dimissioni del primo ministro libanese Saad al-Harri, che ha parlato di influenza dell’Iran destabilizzante per il paese.
“Penso che il rally sia continuato per timori di natura geopolitica”, ha detto l’esperto.
D’altronde, le quotazioni del petrolio erano state nuovamente ostaggio della geopolitica nelle ultime settimane, quando erano state sostenute dal conflitto tra i curdi iracheni e il governo centrale di Baghdad. Così come dalla decisione del presidente americano Donald Trump di non certificare l’accordo tra gli Usa e l’Iran raggiunto durante l’amministrazione Obama, che si è tradotto nella fine delle sanzioni sul settore energetico del paese, lo scorso anno.
Altra notizia arrivata nella giornata di ieri e che ha condizionato il trend dei prezzi è quella relativa all’intenzione della Nigeria, stando alle dichiarazioni rilasciate dal ministro petrolifero del paese, di partecipare ai tagli alla produzione decisi dall’Opec. Principale produttore africano appartenente al cartello dell’Opec, la Nigeria era stata esonerata dall’accordo sui tagli alla produzione, a causa degli attacchi che avevano ripetutamente colpito, lo scorso anno, gran parte della sua offerta.