Febbre dell’oro, hedge fund scommettono sul bene rifugio. Il prossimo target su cui puntano
Oro osservato speciale dopo che, nella giornata di venerdì scorso, le quotazioni del metallo prezioso hanno superato la soglia dei $1.300 per la prima volta nel 2017, sulla scia dei timori legati al rischio che Donald Trump non riesca a rispettare le promesse – soprattutto della sua agenda economica – sbandierate in campagna elettorale, e dell’incubo terrorismo ripresentatosi con l’attentato terroristico a Barcellona.
Il rally dell’oro è durato tuttavia poco visto che, dopo aver testato un massimo intraday a $1.306,90 all’oncia, livello più alto da novembre del 2016 secondo i dati FactSet, le quotazioni hanno perso 80 centesimi, o meno dello 0,1%, per chiudere a $1.291,60. Su base settimanale, la performance è stata di una flessione pari a -0,2%.
Hedge fund e speculatori sembrano comunque propensi a continuare a scommettere sul bene rifugio per eccellenza.
Stando ai dati resi noti dalla Commissione di Trading sui Futures delle commodities in Usa, la US Commodity Futures Trading Commission, gli speculatori hanno aumentato infatti per la quinta settimana consecutiva le posizioni nette lunghe sui futures e sul mercato delle opzioni dell’oro scambiati sul Comex.
Così ha fatto notare Mark O’Byrne, direttore della divisione di ricerca presso Goldcore:
“Il sell off è stato insolito visto che non ci sono stati (lo scorso venerdì) né dati o notizie di mercato che possano aver inciso sulla flessione di $15 circa”. C’è da dire che “l’avversione al rischio si è smorzata, e l’azionario è riuscito a mettere a segno lievi guadagni (al momento delle operazioni di compensazione per l’oro). E’ dunque possibile che alcuni trader abbiano deciso di prendere profitto in corrispondenza di quota $1.300″.
Detto questo:
“Se alcuni suggeriscono che il siluramento dello stratega di Steve Bannon possa essere la ragione della flessione delle quotazioni dell’oro, e ciò potrebbe essere forse vero, c’è da dire ironicamente che l’uscita di scena di Bannon conferma il completo caos della Casa Bianca di Trump, e sarà ciò a sostenere ancora l’oro, portandolo a sfidare la soglia di $1.400 verso la fine dell’anno”.
Occhio in generale anche altri metalli, con le quotazioni dello zinco che, la scorsa settimana, hanno sfondato la soglia di $3.000 la tonnellata per la prima volta in dieci anni, balzando a $3.124, e guadagnando il 7,9% su base settimanale.
Nell’intero 2017, il metallo ha segnato un rally +21%, rivaleggiando con l’alluminio per aggiudicarsi la posizione di metallo scambiato sull’Lme migliore dell’anno. Le quotazioni dello zinco hanno beneficiato in particolare del calo delle scorte presso i magazzini dell’Lme, al livello minimo dal 2008.
A New York le quotazioni del rame sono tornate a $3 la libbra per la prima volta dal 2014, mentre a Londra i prezzi dell’alluminio hanno testato il massimo in tre anni.
Tra l’altro qualche giorno fa anche Evgeny Ananiev di VTB Capital JSC, la divisione di investment banking della seconda banca in Russia, VTB Group, ha detto che i prezzi dell’oro potrebbero salire fino a $1.400 l’oncia entro la fine dell’anno, sulla scia delle tensioni tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti.
Il valore sarebbe il più alto in quattro anni. Il rialzo del 12% da inizio anno sarebbe insomma destinato a proseguire, e entro i prossimi tre mesi, anche per gli acquisti in arrivo da Cina e India, il lingotto è visto attorno a quota $1.360.
“Potremmo assistere a una qualche forma di correzione, ma non credo che le quotazioni scenderanno al di sotto della soglia di $1.200, visto che sono ben supportate”.
Ray Dalio, gestore miliardario di hedge fund, raccomanda infine agli investitori di avere una esposizione verso il metallo pari al 5-10% del proprio portafoglio.