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Bond AT1 post tranvata Credit Suisse: quanti nelle banche italiane?

21 Marzo 2023 11:27

Crisi Credit Suisse, bond At1 polverizzati, banche Usa post Svb. Il punto

Accordo UBS-Credit Suisse: in che condizioni si trovano i detentori dei bond AT1, in generale, dopo che la Svizzera ha deciso di azzerare le obbligazioni At1 di Credit Suisse, privilegiando piuttosto la categoria degli azionisti? E quanto incidono i bond AT1 nel bilancio delle banche italiane?

La risposta a questa ultima domanda la dà Equita SIM nel suo commento giornaliero:

Per quanto riguarda le banche italiane, gli AT1 pesano per il 15% del Tier1 Capital di Intesa (€7,2 miliardi), 16% per Banco BPM (€1.4 miliardi), 34% Fineco (€ 500 milioni), 12% su Unicredit (€6,1 miliardi)”.

I detentori di questo tipo di obbligazioni, dopo lo schiaffo in faccia arrivato dalla Svizzera di Credit Suisse, cosa devono temere in Europa?

La risposta è arrivata nelle ultime ore dalle autorità di regolamentazione europea, intervenute per cercare di sedare l’ansia di chi detiene bond emessi dalle banche che ieri, all’inizio della giornata di contrattazioni, sono stati attaccati da diversi smobilizzi, recuperando poi terreno nel finale.

Bond At1: qual è la situazione in Europa

In una nota dedicata al settore bancario made in Europe, Equita ha ripreso quanto affermato ieri da Christine Lagarde, numero uno della Banca centrale europea (Bce), in merito al dossier UBS-Credit Suisse, ricordando come la decisione di azzerare interamente i 15,8 miliardi di franchi svizzeri di AT1 di Credit Suisse (‘contingent convertible securities’) e di valutare l’equity 3 miliardi di franchi”, così invertendo la “tipica gerarchia del credito, ha generato preoccupazioni sui bond AT1 delle banche”.

Timori che sono stati scatenati a seguito di quello che è stato “il più grande azzeramento di AT1 della storia”.

Equita ha riportato le cifre del Financial Times, secondo cui, nell’Unione europea “il mercato delle obbligazioni AT1 è di circa € 250 miliardi di euro“.

Detto questo, gli obbligazionisti che detengono questo tipo di debito, almeno nei paesi ex Svizzera, possono stare tranquilli.

La SIM ha ricordato infatti che, nella giornata di ieri e a mercato aperto, “il Single Resolution Board, l’EBA e la BCE hanno diffuso un comunicato” chiarendo che, “in base alla legislazione europea, le perdite derivanti dalla risoluzione delle crisi bancarie o dalla non sostenibilità (‘non-viability’) saranno assegnate in base alla normale priorità dei crediti”.

Ovvero? Le autorità “hanno affermato che gli strumenti azionari (le azioni) ‘sono i primi ad assorbire le perdite’ e che solo successivamente ‘gli AT1 dovranno essere svalutati'”.

La diffusione della nota ha calmato i nervi degli operatori di mercato. Equita ha fatto notare infatti che, “dopo la forte reazione negativa iniziale, il comunicato (delle autorità europee) ha consentito un parziale recupero degli strumenti AT1 sul mercato”.

Detto questo, la SIM ritiene che “la controversa decisione del regolatore svizzero possa comunque aumentare leggermente il premio al rischio per questa tipologia di strumenti”. Fare, dunque, attenzione.

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UBS: i vantaggi con l’acquisizione di Credit Suisse

Per quanto riguarda UBS, il gigante svizzero si è ritrovato oggi alle prese con il peggioramento dell’outlook sui depositi a lungo termine e sui bond senior non garantiti, a seguito dell’acquisizione di Credit Suisse, per un valore di $3,2 miliardi, da parte di Moody’s.

L’agenzia di rating ha motivato la mossa affermando che la transazione con cui UBS rileverà Credit Suisse rappresenta “sfide finanziarie, culturali e di integrazione di franchising significative“.

Moody’s ha tuttavia ammesso “di ritenere che l’acquisizione di Credit Suisse abbia il potenziale di rafforzare in modo significativo il franchising di UBS nei settori del wealth management, delle attività bancarie in Svizzera, in un momento in cui la banca si concentra sull’obiettivo di ridurre i costi di oltre $8 miliardi”.

Di vantaggi di cui UBS potrà beneficiare con l’acquisizione della rivale di casa ha parlato in una nota anche Jon Maier, CIO di Global X.

Maier ha commentato gli ultimi sviluppi della crisi bancaria, che ha preso il via negli Stati Uniti con e che è culminata in Europa con l’operazione forzata – in quanto gli azionisti di entrambe le banche non sono stati neanche interpellati – con cui UBS si è accollata CS.

“Lo scorso fine settimana ha segnato un punto di svolta nel settore bancario – ha riassunto Maier – Le banche centrali, guidate dalla Banca nazionale svizzera, hanno intrapreso un’azione decisiva per affrontare i problemi più urgenti del sistema finanziario”.

In primis, “l’accordo mediato tra UBS e Credit Suisse”, che è stato “una risposta strategica ai timori di contagio che sono cresciuti nel settore bancario europeo, dimostrando l’agilità e la reattività di queste istituzioni finanziarie e delle autorità di regolamentazione”.

Ma “quanto è significativo questo accordo?”

Jon Maier di Global X ha risposto facendo notare che “si tratta di due player importanti” e che “UBS dovrà ora delineare i propri piani per la gestione degli asset di Credit Suisse e tracciare un percorso per la nuova entità derivante dall’acquisizione”.

Quali saranno i vantaggi per UBS?

Per Maier il colosso svizzero diventerà “un attore più dominante negli Stati Uniti, nell’Unione Europea e nella regione del Sud-Est asiatico, in particolare nel wealth management, nell’investment banking e nell’asset management”.

Una maggiore scala, quella di UBS, che “può potenzialmente portare a sinergie di costo, a un maggiore pricing power e a una migliore competitività“.

“Inoltre – continua Maier – l’unione delle operazioni delle due banche può portare a risparmi sui costi grazie al consolidamento delle funzioni e delle piattaforme tecnologiche che si sovrappongono. Questi risparmi possono migliorare l’efficienza e la redditività dell’entità risultante dalla fusione”.

Ancora, “l’acquisizione dei segmenti di business di Credit Suisse può aiutare UBS a diversificare i suoi flussi di reddito, riducendo la sua dipendenza da un singolo mercato o offerta di prodotti”.

Banche Usa sempre sotto la lente. Piano Tesoro su depositi

Cosa succede invece negli Stati Uniti?

Tra le ultime novità, quelle riportate da Bloomberg, secondo cui le autorità federali Usa starebbero valutando l’opzione di garantire tutti i depositi bancari, espandendo le garanzie fornite dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), che al momento ammontano a 125 miliardi di dollari.

Negli Stati Uniti, il valore dei depositi bancari è di circa 18 trilioni di dollari.

Ieri, a Wall Street, a essere protagonista è stato ancora il timore sul destino di First Republic, la banca regionale Usa il cui titolo è stato massacrato dalle vendite, a seguito del crac di Silicon Valley Bank (SVB).

Il titolo è stato attaccato di nuovo da un forte sell off, sulla scia delle indiscrezioni secondo cui Jamie Dimon, ceo di JP Morgan, sarebbe a caccia di ulteriori finanziamenti per blindare l’istituto (che ha già ricevuto depositi per un valore di 30 miliardi di dollari dalle principali banche Usa, JP Morgan inclusa).

Il titolo First Republic ha chiuso con un tonfo superiore a -47%, a fronte del recupero – e questa è una notizia confortante – dei titoli delle banche regionali rivali.

SVB: il canarino nella miniera

Eric Lynch, Portfolio Manager del fondo iMGP Global Concentrated Equity, ha definito in una nota dedicata alle banche americane che SVB è probabilmente il canarino nella miniera, non essendo l’unica banca che investe depositi a breve termine in attività a lunga scadenza.

Lynch ha fatto riferimento nel suo commentoi anche al caso dei bond At1 di Credit Suisse, affermando che “la recente vaporizzazione delle obbligazioni CoCos da parte di Credit Suisse rappresenta un rischio di contagio per il credito globale”.

Ci sono poi “anche altre preoccupazioni”. Tra queste, il fatto che le banche USA abbiano “investito in pool di mutui partendo dal presupposto che i consumatori si rifinanziano in media ogni 10 anni”.

E invece, “visti i tassi molto bassi dell’ultimo decennio, i consumatori potrebbero benissimo mantenere i loro mutui oltre questo orizzonte temporale”.

“È possibile dunque che le banche abbiano un rischio di tasso d’interesse superiore a quello che avevano previsto anche in questo ambito”.

Il gestore del fondo iMGP Global Concentrated Equity non ha però una view del tutto negativa:

“Detto ciò – afferma infatti Lynch – crediamo che non si debba mai sprecare una crisi“.

E “attualmente stiamo esaminando la vendita indiscriminata di titoli finanziari di qualità per trovare opportunità, ad esempio nell’industria dei broker“.

Vedano dunque i trader e gli investitori come possono/vogliono sfruttare queste crisi bancarie per beccare, magari, qualche ghiotta opportunità.