Notizie Notizie Italia Recovery Fund, Consiglio Ue: Conte spinge per accordo entro luglio. L’ostacolo Austria: no a una Unione del debito

Recovery Fund, Consiglio Ue: Conte spinge per accordo entro luglio. L’ostacolo Austria: no a una Unione del debito

19 Giugno 2020 15:37

Trovare un accordo entro luglio anche perchè a settembre, come promesso agli italiani in occasione degli Stati Generali di Villa Pamphili, il governo M5S-PD presenterà un piano per far ripartire il paese. Il piano Recovery Italia che, secondo la strategia del presidente del Consiglio, verrà finanziato con i soldi che Bruxelles avrà dato a Roma, grazie al Fondo per la ripresa.

Dunque, nessun compromesso sul Recovery Fund. Così Giuseppe Conte si è rivolto agli altri leader dell’Ue in occasione del Consiglio europeo che, come si prevedeva, si è concluso con una fumata nera.

I leader Ue hanno tastato però il terreno, premier in primis: certo, non è stato possibile avere sensazioni a pelle, visto che l’incontro, di nuovo, è stato virtuale, a causa delle precauzioni adottate contro il coronavirus. Ma la minaccia dei paesi Frugali – Austria, Danimarca, Svezia, Olanda – incombe, e il timore, rinnovatosi, è che l’impianto originario del Recovery Fund finisca per essere stravolto.

Giuseppe Conte lo sa, e ha messo subito le mani in avanti:

“Anche i tempi sono molto importanti. Dobbiamo assolutamente chiudere l’accordo entro luglio. E dobbiamo assecondare gli sforzi della Commissione di rendere disponibili alcune risorse già per quest’anno”.

Della questione ha parlato anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, visibilmente preoccupata: il Recovery Fund è “uno strumento doveroso e urgente in questo momento”, ha detto la leader tedesca, appoggiata anche dall’alleato francese Emmanuel Macron.

Sarà anche per questo che il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha già indetto una riunione del Consiglio Ue – stavolta fisica – per la metà di luglio.

“Non dobbiamo permettere che la pandemia crei forti squilibri economici e che produca una divisione profonda in Europa. L’Europa ha bisogno di noi, come noi abbiamo bisogno dell’Europa”, ha detto Merkel.

“La proposta della Commissione è equa e ben bilanciata – ha detto dal canto suo il premier Giuseppe Conte – Sarebbe un grave errore scendere al di sotto delle risorse finanziarie già indicate. E anche la combinazione tra prestiti e sussidi è ben costruita. Questa combinazione ci aiuterà a realizzare investimenti e riforme in modo da rafforzare la convergenza e la resilienza dell’intera Unione”. Ancora, Conte ha detto che è necessario “mantenere distinti i criteri di allocazione del Quadro Finanziario Pluriennale e quelli del “Next Generation EU” e, in ogni caso, considerare queste due proposte come componenti un unico pacchetto indivisibile. Questo consentirà all’Italia di avere un atteggiamento più flessibile su alcuni aspetti del QFP”.

Fondamentale, nessun compromesso al ribasso: “La Commissione europea e la BCE non hanno mancato l’appuntamento con la Storia. Ora è il turno del Consiglio Europeo di essere all’altezza della sfida e di dare un segnale politico forte. A me non piace la formula ‘compromesso’, preferisco si lavori per una ‘decisione politica ambiziosa’“.

Detto questo, il presidente del Consiglio si è mostrato alla fine soddisfatto dell’esito della videoconferenza:

“Terminato il Consiglio europeo. L’Ue ha fatto un altro passo avanti. Siamo tutti consapevoli della posta in gioco. Dobbiamo raggiungere un accordo a luglio”, ha scritto su Instagram.

Letta: agire presto, altrimenti non stupirsi se monta euroscetticismo

“Le risposte dell’Italia e dell’Unione europea alla recessione sono sulla carta buone, anzi ottime. Meglio delle aspettative e meglio delle risposte alla crisi 2008-12. Ma la vera priorità ora è scaricare tutto ciò a terra e soprattutto farlo presto. Altrimenti, non stupirsi se monta l’euroscetticismo”.  Ha scritto così dal suo profilo Twitter l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, qualche ora prima della riunione del Consiglio Ue sul Recovery Fund.

In un altro tweet, Letta ha scritto: “la chiave per trovare in Europa risposte basate sulla solidarietà? L’alleanza tra Italia Francia Spagna. Quando siamo uniti l’Ue non sbaglia. E’ quando invece l’Italia si isola, e gli altri ne approfittano, che nascono i problemi”.

Un articolo dell’Associated Press fa intanto il punto della situazione, sottolineandeo quanto questo momento sia cruciale per il concetto e il futuro stesso dell’Europa, “Solidarity or Frugality? EU Leaders Discuss Coronavirus Plan”Solidarietà o frugalità? I leader Ue discutono sul piano coronavirus”.

Il Recovery Fund, fondo per la ripresa, è stato proposto alla fine di maggio dal numero uno della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Valore del bazooka: 750 miliardi di euro, più di quanto proposto dall’asse franco-tedesco con l’annuncio congiunto di Angela Merkel e Emmanuel Macron.

All’Italia, stando al piano della Commissione Ue ribattezzato NextGenerationEU, toccherebbe la fetta della torta più grande. Certo, non si tratterebbe solo di stanziamenti a fondo perduto: accanto agli aiuti, che vengano chiamati sussidi o sovvenzioni, ci sono infatti anche i prestiti. E i prestiti devono essere restituiti.

Il premier Giuseppe Conte ha più di un motivo perché il piano riceva la benedizione di ciascun paese Ue (condizione sine qua non per la sua approvazione): Peccato però che per l’Italia (ma anche per la Francia e la Spagna e in realtà, come fa notare qualcuno, per tutta l’Europa); ci siano questi quattro paesi frugali, che vorrebbero sì aiutare l’Italia ma solo attraverso lo strumento dei prestiti. Nessuna sovvenzione, dunque. Nessuno stanziamento a fondo perduto.

Non che si tratti di una novità. Dopo qualche giorno dalla presentazione della proposta di Ursula von der Leyen le tensioni tra i paesi colombe e falchi erano già evidenti.

Tanto che, a margine dell’Ecofin il ministro delle Finanze austriaco, Gernot Blümel, era sbottato: “Il pacchetto complessivo non è accettabile per noi in termini di volume, ma anche in termini di contenuto”.

Lo stesso Blümel è tornato a far sentire la sua voce, tramite un’intervista pubblicata dal quotidiano La Stampa:

“Siamo sempre pronti a negoziare ma non possiamo accettare questo piano – ha detto – I contribuenti austriaci pagherebbero troppo e troppo a lungo: con la proposta attuale della Commissione europea, aumenterebbe del 50% la quota che dobbiamo versare all’Ue. Inoltre, il Recovery Fund verrebbe rimborsato nel prossimo quadro finanziario europeo. In questo modo Bruxelles vorrebbe far credere che gli aiuti siano gratis, ma non è così. Tutti dovremo pagare questa enorme montagna di debiti per 30 lunghi anni”.

“Eravamo pronti a venire in soccorso ai Paesi come l’Italia con il pacchetto da 540 miliardi concordato prima di Pasqua – ha continuato – Gli Stati membri possono chiedere i prestiti del Mes, il sostegno alle piccole e medie imprese attraverso il Fondo di garanzia della Bei e soldi anche attraverso Sure, la misura contro la disoccupazione. Ora spetta al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, trovare uncompromesso”.

Blumel è stato chiaro nel dire che ciò che proprio non va giù all’Austria è “un’Europa del debito”. “Attualmente – ha ricordato – solo un terzo dei 750 miliardi è coperto da prestiti, il resto sono sussidi. Questa proporzione non va bene”.

A rincarare la dose è stato poi oggi, in occasione del Consiglio Ue in videoconferenza, direttamente dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che ha detto di essere a favore di aiuti limitati nel tempo e che ha confermato di preferire l’opzione dei prestiti a quella dei sussidi. Anche perché, ha precisato, il Recovery Fund “non deve portare a una Unione del debito“.

“Deve esserci un limite temporale. Inoltre si deve discutere chi paga quanto, chi beneficia di più e quali condizioni sono legate agli aiuti”, ha continuato Kurz.

A fare resistenza anche l’altro paese frugale, la Danimarca, con il primo ministro Mette Frederiksen che ha detto che il Recovery Fund dovrebbe essere più piccolo e destinatopiù chiaramente ai paesi che sono stati più colpiti dalla pandemia del coronavirus. Frederiksen sarebbe comunque, secondo una fonte interpellata da Bloomberg, favorevole a raggiungere un accordo entro l’estate.

Un nuovo allarme è stato lanciato intanto, in occasione della videoconferenza, dalla numero uno della Bce, Christine Lagarde, che, così come Merkel, ha puntato il dito sulla necessità di approvare il fondo con urgenza. Anche perchè, ha aggiunto, la Bce prevede che, nel corso del secondo trimestre che volge ormai al termine, il Pil dell’Eurozona sarà crollato del 13%. E che, per l’intero 2020, la contrazione sarà dell’8,7%.

Secondo altre fonti Lagarde teme anche che il peggio dell’impatto del coronavirus sul mercato del lavoro non sia ancora arrivato e che il tasso di disoccupazione potrebbe concludere l’anno al 10%, colpendo soprattutto i giovani.

Un elemento positivo ci è stato: a sorpresa il premier olandese Mark Rutte ha detto di guardare con favore all’intenzione dell’Italia di impegnarsi ad avviare riforme concrete per migliorare la sua crescita e la sua produttività. Ma l’asse dei quattro paesi frugali è ben lontano dallo scardinarsi. Strappare il suo sì non sarà affatto semplice.