Notizie Notizie Mondo Fed, dati e caos banche complicano i piani. Crescono aspettative tagli tassi nel 2023

Fed, dati e caos banche complicano i piani. Crescono aspettative tagli tassi nel 2023

15 Marzo 2023 16:25

Si fa sempre più complicato il quadro per la Federal Reserve statunitense. Gli ultimi dati sui prezzi al consumo e alla produzione hanno mostrato un rallentamento, ma l’inflazione di fondo rimane ben al di sopra dei target della banca centrale.

Una settimana fa il presidente Jerome Powell aveva aperto ad una nuova accelerazione nel ritmo delle strette monetarie, ribadendo però che tutto dipenderà dai dati. Tuttavia, il dissesto delle banche regionali dei giorni successivi rappresenta un segnale d’allarme che la banca centrale non può ignorare.

Per questo, i trader hanno rivisto le aspettative sulle prossime mosse del Fomc (che si riunirà il 21-22 marzo), innescando un netto ribasso dei rendimenti obbligazionari, e al momento prevedono addirittura tagli dei tassi fino a 1 punto percentuale entro fine 2023.

Prosegue il rallentamento dei prezzi al consumo

Il rapporto sull’indice dei prezzi al consumo di martedì ha mostrato che l’inflazione è rimasta su livelli elevati a febbraio, anche in molte categorie di beni come l’arredamento e l’abbigliamento per la casa.

L’indice CPI headline è salito del 6% su base annua, in rallentamento rispetto al +6,4% di gennaio, confermando le attese degli analisti. Su base mensile, il dato è cresciuto dello 0,4%, in linea con le stime.

Tuttavia, l’inflazione core, al netto delle componenti più volatili (energia e alimentari) ha frenato solo marginalmente (dal 5,6% al 5,5%) su base tendenziale e ha registrato un +0,5% rispetto a gennaio, più delle previsioni (+0,4%).

In calo anche i prezzi alla produzione

Oggi invece sono stati diffusi i numeri sui prezzi alla produzione di febbraio, inaspettatamente in calo dello 0,1% rispetto a gennaio, contro il +0,3% atteso. La lettura del mese precedente è stata rivista al ribasso a +0,7% a +0,3%. Su base annua, la crescita evidenzia un rallentamento al 4,6% dal 5,7% di gennaio, al di sotto delle stime (+5,4%).

I prezzi al netto delle componenti più volatili, ovvero alimentari ed energia, sono stabili su base congiunturale (consensus +0,4%, gennaio +0,1% rivisto da +0,5%) e mostrano un incremento tendenziale del 4,4% (stima 5,2%, gennaio 5,0% rivisto da 5,4%).

Vendite al dettaglio in frenata

In giornata sono stati pubblicati anche i numeri sulle vendite al dettaglio di febbraio, in diminuzione dopo l’impennata di gennaio. Nello specifico, le vendite retail sono calate dello 0,4% su base mensile, in linea con le attese, dopo l’impennata del 3,2% rilevata a gennaio (dato rivisto da +3,0%).

Al netto delle componenti relative a benzina e automobili il dato è rimasto stabile su base mensile (consensus -0,2%, gennaio +2,8%), mentre escludendo solo le auto sono scese dello 0,1% (stima -0,1%, precedente +2,4%).

Tuttavia, bisogna considerare che i dati non sono corretti per l’inflazione e catturano per lo più le spesa per i beni, pertanto la loro significatività è limitata. Un rapporto più dettagliato sulla domanda delle famiglie di beni e servizi aggiustata per i prezzi uscirà il 31 marzo, ossia dopo il meeting della Fed della prossima settimana.

Il caos banche complica i piani della Fed

Oltre al quadro macroeconomico, la Federal Reserve dovrà valutare i recenti sviluppi nel settore bancario. Dopo il fallimento di Silicon Valley Bank e di Signature Bank diversi analisti hanno rivisto al ribasso l’outlook sul settore e le autorità sono state costrette a intervenire per garantire la liquidità nel sistema.

Tesoro, Fed e Fdic hanno assicurato il completo rimborso dei depositi, anche sopra il limite di 250.000 dollari e la banca centrale ha messo a disposizione una linea di credito (Btfp) a disposizione degli istituti che ne abbiano bisogno per tutelare i depositanti.

L’ultimo evento a far scattare l’allerta è il crollo odierno delle azioni Credit Suisse, dopo che il maggior azionista della banca elvetica ha escluso ulteriori iniezioni di liquidità, poiché un incremento della partecipazione creerebbe ostacoli regolamentari.

“A parità di condizioni, la Fed vorrebbe alzare i tassi di 25 punti base, ma se dovessimo avere un altro fallimento bancario di alto profilo, diventerà sempre più difficile per la Fed portare a termine quell’aumento di un quarto di punto”, ha affermato Ian Lyngen, strategist di BMO Capital Markets. Bob Michele, CIO di JPMorgan Asset Management, ritiene che la Federal Reserve sospenderà l’aumento dei tassi sulla scia del caso Credit Suisse.

I trader scontano un taglio dei tassi dell’1% nel 2023

Gli ultimi avvenimenti hanno provocato un brusco calo dei rendimenti obbligazionari, portando gli investitori a rivedere completamente le aspettative sulle prossime mosse della Federal Reserve.

Al momento, i tassi overnight impliciti indicano mediamente aspettative per un solo rialzo di 25 punti base tra marzo e maggio e successivamente quattro tagli per un totale di 100 punti base da qui a fine anno. Il tasso terminale è dunque stimato intorno al 4,7%, rispetto al 5,6% di pochi giorni fa.

L’idea è che lo stress nel sistema bancario globale abbia minato la determinazione della Fed, espressa non più tardi della scorsa settimana da Powell, nell’alzare ulteriormente i tassi per tenere l’inflazione sotto controllo.

Una view confermata dal crollo dei rendimenti dei Treasury, con il biennale in ribasso di oltre 40 punti base al 3,83% e il decennale in calo di 26 bp al 3,43%.

Powell e Fed al centro delle critiche

Intanto crescono i dubbi in merito all’operato di Powell, già nell’occhio del ciclone per la lentezza nell’individuare il rischio di un’inflazione dirompente.

Secondo molti esperti, la banca centrale avrebbe dovuto prevenire i problemi di SVB prima dello scoppio di questa crisi che ha scosso il sistema finanziario e richiesto misure straordinarie da parte della politica. “C’è stato un fallimento della vigilanza”, ha affermato l’ex membro della Fed Daniel Tarullo.

Diversi legislatori e osservatori delle banche centrali criticano il Fomc per aver acconsentito ai repubblicani di allentare la regolamentazione sulle banche più piccole, imputando al braccio esecutivo della Fed una parte di responsabilità dei problemi di SVB.

Altri però, come Aaron Klein del centro di ricerca Brookings Institution, difendono Powell, affermando che non potesse conoscere i dettagli di centinaia di banche che la Fed supervisiona.

Il giudizio finale sull’operato del chairman dipenderà quindi in gran parte dalla sua capacità di districarsi nell’attuale scenario, raffreddando l’inflazione senza provocare ulteriori sconvolgimenti nel settore finanziario già sotto pressione.