Notizie Notizie Mondo Treasuries Usa premono pulsante OFF recessione. Occhio al livello chiave tassi decennali

Treasuries Usa premono pulsante OFF recessione. Occhio al livello chiave tassi decennali

8 Novembre 2019 10:52

I Treasuries Usa hanno ufficialmente premuto il pulsante OFF dell’allarme recessione? La risposta sembra essere affermativa se si considera che, dalla scorsa estate, le condizioni del mercato dei Treasury sono indubbiamente cambiate.

Solo qualche mese fa l’inversione della curva dei rendimenti aveva fatto drizzare le antenne a molti, in quanto fenomeno considerato anticipatore, spesso, dell’arrivo di una recessione.

E invece qualcosa è cambiato.

Ora che la Federal Reserve ha tagliato i tassi sui fed funds per ben tre volte (dallo scorso luglio), i tassi dei Treasuries di breve termine, per esempio quelli a due anni, non stanno più viaggiando più velocemente di quelli a lungo termine, come accadeva qualche mese fa; i tassi a due anni, nel loro massimo intraday della sessione di giovedì, sono saliti per esempio, di 10 punti base, mentre quelli a dieci anni hanno guadagnato fino a 14 punti base.

Il balzo è stato tale che i tassi decennali sono volati fino all’1,97%, riportando il rialzo più forte in una sessione dalle elezioni presidenziali Usa del 2016. I rendimenti hanno poi chiuso all’1,928%, confermandosi in ogni caso ai valori massimi dallo scorso 1° agosto, giorno in cui il presidente americano Donald Trump aveva annunciato che avrebbe potuto imporre nuove tariffe sui prodotti cinesi.

Il 1° agosto è stato anche il giorno successivo al taglio dei tassi, da parte della Fed, di 25 punti base. Taglio che sarebbe stato il primo di una serie di tre riduzioni.

Quel fenomeno tanto temuto da diversi analisti, ovvero l’inversione della curva dei rendimenti Usa, non c’è insomma più. Piuttosto, la curva presenta ora il fenomeno contrario, visto che sta diventando sempre più rigida, tanto che lo spread attentamente monitorato dai mercati, quello tra i tassi a tre mesi e tassi a 10 anni è al record da gennaio.

In particolare, i tassi a tre mesi sono inferiori rispetto a quelli a dieci anni di 36 punti base. Nel pieno del fenomeno dell’inversione della curva dei rendimenti, il differenziale era scivolato invece fino a -54, nel mese di agosto.

In generale, gli strategist intervistati dalla Cnbc sono rialzisti sui tassi (dunque ribassisti sui Treasuries Usa), adducendo come motivazione l’ottimismo sulle trattative commerciali tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping. Detto questo, per ora c’è una certa cautela nel prevedere un valore dei tassi decennali Usa al di sopra del 2%, nel breve periodo, in quanto non c’è neanche nessuna certezza su cosa Pechino e Washington decideranno esattamente di fare.

Così Massimo De Palma Responsabile team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR:

“Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un’evoluzione in senso positivo delle notizie di carattere economico, finanziario e geopolitico. Nello specifico, i dati PMI sia del manifatturiero, sia dei servizi, sembrano indicare una stabilizzazione delle prospettive, sebbene si rimanga su valori compatibili con un forte rallentamento. La generale tenuta del mercato del lavoro, confermata dai dati di ADP e sussidi di disoccupazione, conforta a riguardo. Il sentiment di mercato ha poi reagito positivamente alle dichiarazioni concilianti di USA e Cina: per quanto un accordo su molti temi appaia ancora lontano, sembrano per il momento smentite le ipotesi più nefaste di un’escalation nelle misure protezioniste. Sulla base di questi elementi i mercati hanno trovato nuova linfa per il movimento rialzista, raggiungendo nuovi massimi storici (S&P500) o di periodo. A questo proposito è utile effettuare una nuova analisi sui livelli raggiunti. Le valutazioni registrano valori storicamente elevati, se comparate agli utili aziendali a consuntivo (c.d. trailing), a quelli attesi per l’anno prossimo o a quelli “deciclizzati”. Come già evidenziato in passato, ciò che però continua a sostenere i mercati, oltre alle notizie positive sul fronte dei dazi e alla promessa, non ancora realizzata, di migliori prospettive per gli utili, è il premio al rischio azionario, ovvero il rendimento aggiuntivo offerto dall’investimento nell’asset class. Quest’ultimo, a dispetto di un rapporto prezzo/ utili elevato, è ancora su livelli mediani, grazie al rendimento particolarmente basso offerto dalle obbligazioni. D’altro canto – continua De Palma -, proprio il rasserenamento del clima degli ultimi giorni, oltre a spingere gli azionari, ha provocato la risalita dei tassi decennali. Il Treasury, dopo aver toccato un minimo a 1,45% a inizio settembre, nel momento in cui scriviamo è risalito all’1,85%. Conseguentemente, anche il premio al rischio azionario si è mosso dal 4,5% al 3,8%, il valore più basso da fine luglio. E’ bene precisare che in questo momento parliamo di valori ancora normali, ma al tempo stesso notiamo che una prosecuzione del movimento in atto di rialzo di azionari e tassi potrebbe aumentare i rischi di mercato, creando i presupposti per una correzione, anche temporanea. In altre parole, è importante monitorare il decennale Treasury: un rendimento al di sopra del 2% potrebbe iniziare a minare il quadro di stabilità”.