Notizie Indici e quotazioni EUR-USD si aggrappa a quota $1,11. Attenzione al supporto chiave e a solidità dollaro nonostante Fed

EUR-USD si aggrappa a quota $1,11. Attenzione al supporto chiave e a solidità dollaro nonostante Fed

19 Agosto 2019 12:27

L’euro-dollaro oscilla attorno alla soglia di $1,11, indeciso se superarla o rimanere al di sotto, dopo la virata negativa della scorsa settimana, quando il cambio ha bucato l’importante soglia psicologica.

A pesare sulla moneta unica sono state le attese di una politica monetaria ancora più espansiva da parte della Bce e il dato Usa migliore delle attese, relativo alle vendite al dettaglio di luglio.

La carica di rialzisti sul dollaro – e di ribassisti sull’euro – si è scatenata per la precisione giovedì scorso 15 agosto, quando dai dati del Census Bureau è emerso che, lo scorso mese, le vendite al dettaglio degli States sono salite dello 0,7%, a fronte di una crescita del +0,3% attesa dal consensus.

La componmente core – depurata dalle vendite di auto – è balzata a sorpresa dell’1%.

Non per niente oggi il Dollar Index non si allontana dal massimo delle sessioni precedenti, quando ha testato (esattamente nella sessione di venerdì) il record in due settimane a 98,339. L’indice oscilla attorno a 98,201.

Il rapporto dollaro-yen, nello specifico, rimane attorno al valore più alto in una settimana, (pari a JPY 106,98), poco mosso a JPY 106,37, mentre contro il franco svizzero il biglietto verde sale a 0,9795, al record in quasi due settimane.

Sicuramente, un assist alla valuta proviene dai rendimenti degli asset denominati in dollari, che continuano a confermarsi più alti in un contesto globale in cui gli investitori fanno fatica a incassare ritorni appetibili. E’ vero che la Federal Reserve di Jerome Powell ha tagliato a luglio i tassi Usa, facendoli scendere di 25 punti base al 2,25%. Ma i tassi americani rimangono comunque i più alti tra quelli dei paesi avanzati e i dati della scorsa settimana indicano che l’inflazione americana si sta avvicinando al target della Fed, pari al 2%. Quest’ultimo fattore renderebbe difficile, per la Fed, giustificare altri eventuali tagli ai tassi nel corso dell’anno. 

Certo, non bisogna sottovalutare i timori più o meno manifesti che gli Usa vengano colpiti da una recessione: timori che sono aumentati la scorsa settimana, esattamente lo scorso mercoledì, con l’inversione della curva dei rendimenti dei Treasuries Usa: i tassi sui titoli Usa a 10 anni sono scesi infatti durante la sessione fino all’1,6%, al di sotto dell’1,61% dei rendimenti offerti dai bond a due anni. Ma l’assunto secondo cui l’inversione della curva dei rendimenti anticiperebbe l’arrivo di una recessione è più una opinione che un dato di fatto.

UFFICIO STUDI INTESA SANPAOLO: OUTLOOK EURO E DOLLARO USA

L’ufficio Studi di Intesa SanPaolo fa il punto della situazione, ricordando che “il dollaro ha chiuso la settimana passata al rialzo, recuperando così circa metà del calo d’inizio mese”.

“Il movimento – si legge nella nota – è partito sulla notizia del rinvio dei dazi USA per alcuni prodotti cinesi ed è proseguito nei giorni successivi grazie all’indebolimento di altre valute (euro in primis: v. sotto) e ad alcuni dati USA positivi e migliori delle attese (indice Empire e vendite al dettaglio). La settimana entrante propone due appuntamenti importanti per gli sviluppi della politica monetaria: la pubblicazione dei verbali della riunione Fed di fine luglio mercoledì e il Simposio della Fed a Jackson Hole a partire da venerdì. Il messaggio che ne uscirà dovrebbe essere così articolato: (i) valutazione complessivamente positiva dello stato di salute dell’economia USA, (ii) presa d’atto che però alcuni rischi, quello delle tensioni commerciali USA-Cina in primis, stanno aumentando, (iii) impegno della Fed a intervenire tempestivamente con ulteriore allentamento della politica monetaria qualora tali rischi dovessero materializzarsi. In tal caso il dollaro dovrebbe beneficiarne, consolidando almeno parte del recupero recente. Restano comunque ancora da monitorare gli sviluppi sul fronte delle relazioni con la Cina”.

Riguardo all’euro, prosegue la nota, la moneta unica “ha chiuso la settimana passata al ribasso scendendo da un massimo di 1,1230 a un minimo di 1,1065 EUR/USD. Il calo è partito sulla notizia del rinvio dei dazi USA ed è proseguito prima sui dati europei (che hanno mostrato una contrazione del Pil tedesco nel 2° trimestre e un rallentamento del Pil aggregato dell’area) poi sulle dichiarazioni di Olli Rehn, della BCE. Rehn ha detto infatti che a settembre la BCE potrebbe adottare delle misure di stimolo significative e di ampio impatto, spiegando che nell’allentamento monetario è meglio fare overshooting piuttosto che undershooting. Questa correzione dell’euro riflette una debolezza propria della moneta unica e lascia il cambio esposto a un ulteriore calo con possibilità di andare a testare la tenuta dei supporti chiave a 1,1000 EUR/USD in caso di delusioni dai dati dell’area e/o di un flusso di notizie favorevoli negli Stati Uniti”.