Notizie Notizie Mondo Diktat IMO su emissioni navi: In arrivo il più grande cambiamento nella storia del mercato del petrolio’

Diktat IMO su emissioni navi: In arrivo il più grande cambiamento nella storia del mercato del petrolio’

15 Luglio 2019 11:41

Sui mercati petroliferi ed energetici la scossa potrebbe essere forte. Tra meno di sei mesi, arriverà infatti “il più grande cambiamento mai avvenuto nella storia del mercato del petrolio” come l’ha definita in un’intervista rilasciata alla Cnbc Steve Sawyer, analista senior presso la società di consulenza energetica Facts Global Energy.

Di fatto, il primo gennaio del 2020 l’Organizzazione Marittima internazionale (IMO, da International Maritime Organization) renderà esecutivi i nuovi standard sulle emissioni di agenti inquinanti, volti a ridurre in modo significativo l’inquinamento prodotto dalle navi di tutto il mondo.

L’IMO si è posta l’obiettivo di tagliare le emissioni sulfuree dal 3,5% allo 0,5% entro il 2020. Il diktat sconvolgerà le dinamiche al momento presenti della domanda e dell’offerta di diversi prodotti. La conseguenza più logica è che si presenterà un’offerta in eccesso di petrolio ad alta concentrazione di zolfo.

*Allo stesso tempo, aumenterà in modo notevole la domanda per quei prodotti che saranno necessari alle navi per aderire alle nuove regole IMO – continua Sawyer, che fa notare che il cambiamento “avrà ripercussioni sui produttori di petrolio crude, sui trader, sugli armatori, sulle raffinerie, sugli investitori che puntano sull’azionario, sulle compagnie assicurative, sulle aziende attive nel ramo logistica, sulle banche.…Su chi altro ancora? Faccio fatica a pensare a qualsiasi cosa che non sarà influenzata. Ed è per questo che si tratta di una transizione enorme”.

Non potendo più utilizzare combustibili ad alto contenuto di zolfo, le navi dovranno affidarsi ad alcune alternative, come i distillati a basso contenuto di zolfo, che includono il diesel.

La previsione di Richard Robinson, manager presso l’Ashburton Global Energy Fund, non è delle migliori: “Adottare una transizione così significativa in un così breve periodo di tempo rappresenta un cambiamento epico. Di conseguenza, probabilmente assisteremo a differenziali di prezzo esagerati tra diversi tipi di carburante, così come a scarsità di materiali o intasamenti nella catena di fornitura”.

Si parla già da tempo ormai di green shipping market, ovvero di un mercato verde anche nel mercato delle navi che, in una nota dello scorso agosto del 2018, gli analisti di UBS avevano stimato in crescita fino a 250 miliardi di dollari nei cinque anni successivi.

Le stesse banche globali, così come ha riportato a giugno un articolo del Financial Times, starebbero lavorando a un piano per erogare finanziamenti al green shipping market, mercato previsto da diversi esperti in forte espansione.

Riguardo al trend attuale dei prezzi del petrolio, un commento è stato rilasciato da Nitesh Shah, direttore della divisione di ricerca di WisdomTree:

“Con l’Iran chiuso in un angolo e l’aumento della tensione tra il regime di Teheran e la Casa Bianca, si parla nuovamente di chiudere lo Stretto di Hormuz, snodo cruciale da cui transita la maggior parte del petrolio mediorientale. Si tratta di un rischio geopolitico sottovalutato che potrebbe risultare però vantaggioso per una strategia di investimento long sul greggio Brent. Benché l’Iran sia alle prese con le sanzioni USA, lo scorso novembre sono state accordate esenzioni a molti paesi consumatori di petrolio affinché continuassero ad acquistarlo dal regime di Teheran. Tali esenzioni sono scadute a maggio, con una perdita di quota di mercato per la Repubblica Islamica pari a 1,3 milioni di barili al giorno a livello di esportazioni di petrolio. Ora l’Iran sta cercando di sfilarsi dall’accordo sul nucleare con l’Unione europea (UE), poiché difficilmente potrà trarne vantaggio dopo il ritiro degli USA avvenuto nel maggio scorso. Lo Stretto di Hormuz è lo snodo più importante del mondo, essendo attraversato dal 30% del petrolio greggio e di altri derivati petroliferi scambiati via mare a livello globale. È anche la via per cui passano tutte le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) provenienti dal Qatar, attualmente pari al 30% circa del commercio mondiale di GNL[1]”.

Shah continua, ricordando che “l’EIA prevede che nel 2020 la produzione totale del cartello petrolifero dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) sarà pari a 29,8 milioni di barili al giorno, 18 milioni dei quali passeranno per Hormuz. Al confronto, le cifre degli altri due snodi della penisola Araba (Suez e Bāb el-Mandeb) appaiono trascurabili. Anche se le Guerre del Golfo costituiscono dei punti di riferimento utili per gli shock petroliferi causati dal conflitto in Medio Oriente, altri periodi hanno avuto un impatto diverso sul prezzo del petrolio, così come testimoniano i dati storici. Per esempio, il 1987-1988 è stato un biennio di grande tensione nel Golfo Persico, ma in quell’epoca non si è verificato un aumento dei prezzi. I ribassisti notano alcuni parallelismi rispetto agli anni ’80: vengono in mente la domanda attuale di auto ‘più ecologiche’, la produzione petrolifera quotidiana dell’Arabia Saudita (quasi 10 milioni di barili) e l’esorbitante offerta statunitense di shale oil (petrolio di scisto), ma molti di questi aspetti sono discutibili se si pensa ai flussi in transito a Hormuz. Per avere un’idea del contesto, si consideri che la produzione venezuelana è scesa da 2,4 milioni di barili al giorno nel 2016 agli 800.000 circa attuali, per un calo pari a 1,6 milioni di barili al giorno. La quantità di greggio e di prodotti equivalenti che attraversano Hormuz è circa 11 volte maggiore”.