Notizie Notizie Mondo Crisi: le aziende più forti al mondo si trovano in USA e Cina. Italia esclusa

Crisi: le aziende più forti al mondo si trovano in USA e Cina. Italia esclusa

17 Dicembre 2020 09:45

La pandemia ha prodotto una crisi senza precedenti in molti settori ma nonostante questo ci sono state alcune aziende che sono riuscite comunque a brillare mostrando tutta la loro resilienza. In primis Tesla, il produttore di auto elettriche che rientra stabilmente nell’indice Fortune Future 50, elaborato dal Bcg Henderson Institute (BHI) per identificare le aziende capaci di reinventarsi continuamente e quindi di mantenere una crescita costante.

Indice Fortune Future 50: le società del futuro

In un anno nero per l’industria dell’auto, l’azienda di Palo Alto guidata dall’istrionico Elon Musk è addirittura riuscita a scalare 30 posizioni nella quarta edizione della classifica. Segno che le imprese vitali riescono a cogliere le opportunità offerte dalle crisi, divenendo capaci di reinventarsi continuamente e con maggiori chance di uscire dalle recessioni più forti di come vi erano entrate.

Le società incluse nella lista Future 50 del 2019 hanno impiegato 15 settimane per tornare ai livelli pre-Covid-19 in borsa rispetto ai sei mesi dell’indice Msci World e oggi viaggiano il 20% al di sopra quella soglia. La crisi ha infatti reso improvvisamente attuali tendenze di lungo termine a cui le imprese vitali erano già preparate da tempo o verso cui hanno saputo con prontezza riorientare i loro piani strategici. La loro capacità di guardare avanti e reinventarsi continuamente si è così trasformata in un immediato vantaggio competitivo.

Ma dove si trovano queste super-aziende?  Stati Uniti e Grande Cina (includendo Hong Kong e Taiwan) sono sede per ben 40 delle 50 imprese vitali. Nei due Paesi si concentra anche il 70% delle imprese a più alta crescita negli ultimi tre anni. Molto distante il Vecchio Continente: con sole quattro società nell’indice, tra cui l’olandese Adyen (6°) e la svedese Spotify (10°), l’Europa rimane molto lontano dalle due superpotenze e questo divario si spiega in parte con la mancanza in Europa di campioni digitali che ancora una volta occupano la maggioranza dell’indice.