News Notizie Indici e quotazioni Wall Street: futures negativi dopo peggiore settimana per indici borsa Usa da marzo 2020

Wall Street: futures negativi dopo peggiore settimana per indici borsa Usa da marzo 2020

24 Gennaio 2022 12:10

Futures Usa in ribasso, falliscono il tentativo di ripresa azzardato qualche ora fa dopo la settimana peggiore degli indici dal marzo del 2020, quando l’azionario globale crollò sulla scia dell’annuncio della pandemia Covid-19.

Alle 12 circa ora italiana, i futures sul Dow Jones arretrano dello 0,43% a 34.006 punti; i futures sullo S&P 500 perdono dello 0,60% a 4.365. I futures sul Nasdaq scendono dello 0,77% a 14.315 punti.

Sia il Dow Jones che lo S&P 50 hanno chiuso in calo per la terza settimana consecutiva.

Lo S&P 500 è in calo di oltre -8% dal suo precedente valore record di chiusura.

Nasdaq osservato speciale, dopo essere entrato in fase di correzione e aver sofferto un tonfo del 7,6% su base settimanale, chiudendo la settimana peggiore, anche in questo caso, dal marzo del 2020.

Il listino hi-tech ha chiuso in flessione per la quarta settimana consecutiva, riportando la fase ribassista più duratura dai mesi di aprile e maggio del 2021.

Prosegue questa settimana la stagione degli utili trimestrali Usa, che ha riservato tuttavia negli ultimi giorni qualche sorpresa negativa. In calendario oggi, tra le Big Tech, i risultati di bilancio di IBM. In settimana verranno comunicate anche le trimestrali di Microsoft, Tesla e Apple.

Sebbene più del 70% delle società quotate sullo S&P 500 abbiano riportato risultati migliori delle previsioni del consensus, alcuni colossi del calibro di Goldman Sachs e di Netflix non hanno soddisfatto le aspettative degli investitori, con i relativi titoli che sono affondati a Wall Street.

In particolare, Netflix è crollata di quasi il 22%, soffrendo il tonfo peggiore dal 25 luglio del 2012, ovvero in quasi dieci anni, quando le quotazioni affondarono del 25%. Le azioni sono anche reduci dalla settimana peggiore dal 27 luglio del 2012, quando il tonfo fu pari a -28%. Il titolo è ancora in calo del 2% circa in pre-mercato.

Focus anche su Peloton, affondata giovedì scorso del 23,9%, a $24,22, scivolando sotto il prezzo dell’Ipo. Bruciata una capitalizzazione di mercato di $2,5 miliardi circa. Nella sessione di venerdì, Peloton ha poi recuperato in modo parziale, in rally dell’11,73%.

La ripresa non è stata tuttavia sufficiente a evitare una chiusura settimale in perdita del 14% per le azioni, che hanno terminato la giornata di contrattazioni di Wall Street a $27,06, al di sotto del prezzo dell’Ipo. In premercato il titolo Peloton sale dell’1% circa.

Da segnalare che venerdì scorso il Nasdaq ha chiuso in calo del 2,7% a 13.768,92; il Dow Jones Industrial Average ha ceduto 450,02 punti a 34.265,37; lo S&P 500 è arretrato dell’ 1,9% a 4.397,94.

In generale i mercati finanziari continuano a essere stretti nella morsa di Omicron, della paura dell’inflazione e delle tensioni geopolitiche, che vedono protagoniste l’Occidente e la Russia di Vladimir Putin, a causa del fattore Ucraina.

Stando a fonti del Dipartimento di stato, gli Stati Uniti hanno ordinato l’evacuazione delle famiglie dei diplomatici americani nel paese, “a causa della persistente minaccia di un’operazione militare russa”.

Nel comunicato del dipartimento di Stato Usa si legge che “la situazione della sicurezza, in particolare lungo i confini dell’Ucraina, nella Crimea occupata dalla Russia e nella Donetsk controllata dalla Russia, è imprevedibile e potrebbe deteriorarsi in qualsiasi momento”.

Il presidente americano Joe Biden, secondo alcuni media Usa, starebbe valutando l’opzione di inviare fino a cinquemila soldati nel Baltico e nell’est dell’Europa.

Azionario in trepidazione in vista dell’imminente riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed -, che inizierà domani 25 gennaio, per concludersi dopodomani 26 gennaio.

Nel fine settimana David Mericle, economista di Goldman Sachs, ha scritto in una nota che esiste il rischio che la Fed sia costretta ad alzare i tassi più di quattro volte, nel 2022, a causa dell’inflazione galoppante in Usa.