Notizie Notizie Mondo Cina, Pil solido ma atteso in rallentamento tra spettro guerra commerciale e restrizioni credito

Cina, Pil solido ma atteso in rallentamento tra spettro guerra commerciale e restrizioni credito

17 Aprile 2018 08:13

Il Pil della Cina batte le attese, ma l’economia è comunque prevista in rallentamento, sia nel 2018 che nel 2019. Resa nota oggi una carrellata di dati macroeconomici, che ha presentato di fatto alcuni punti deboli. Nel primo trimestre del 2018, il prodotto interno lordo è cresciuto a un tasso del 6,8% su base annua, meglio del +6,7% atteso dal consensus. Si è trattato del terzo trimestre consecutivo in cui la seconda economia al mondo è avanzata al tasso del 6,8%.

Altri dati diffusi in giornata hanno rilevato tuttavia luci e ombre nel tasso di crescita del paese:

Gli investimenti in asset fissi sono rallentati nel primo trimestre dell’anno: la crescita è stata del 7,5% su base annua, rispetto al +7,7% stimato dal consensus e contro il +7,9% precedente, anche se si mette in evidenza il forte balzo degli investimenti nel mercato immobiliare, pari al 10,4%, al record in tre anni.

Molto bene le vendite al dettaglio, che nel mese di marzo sono salite del 10,1% su base annua, rispetto al +9,9% atteso dal consensus, in rafforzamento rispetto al +9,4% precedente.

La produzione industriale ha invece rallentato il passo, con una crescita a marzo del 6% su base annua, rispetto al 7,2% del periodo compreso tra gennaio e febbraio. 

Guardando al trend del Pil nel 2018 e 2019, la maggior parte dei 72 analisti intervistati da Reuters prevede ancora un indebolimento della crescita del Pil, al tasso di crescita del 6,5% nel 2018 e al 6,3% nel 2019. Il consensus prevede che la People’s Bank of China, banca centrale della Cina, terrà fermo il tasso benchmark sui prestiti al 4,35% fino alla fine del 2019. Da segnalare che nel 2017 la crescita del Pil cinese è stata pari a +6,9%, meglio del target stabilito dal governo, pari a +6,5%.

Il rischio maggiore individuato per la Cina, secondo gli economisti, è una eventuale escalation delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti di Donald Trump: in sostanza, una guerra commerciale, con impatti non indifferenti, se si considera che l’America rappresenta il mercato numero uno per le esportazioni cinesi. Ma l’outlook di un indebolimento si spiega anche con gli interventi con cui Pechino, al fine di ridurre il rischio sistemico del settore finanziario, sta spingendo per una fase di deleveraging: sebbene lentamente, la crescita del credito si sta già riducendo, e ciò avrà ovviamente conseguenze sui fondamentali economici del paese. 

Tra l’altro, lo spettro della guerra commerciale sembra tutto fuorché recedere, se si considera la nota con cui il Ministero del Commercio cinese ha riferito di aver preso atto della decisione dell’amministrazione Trump, di vietare alle aziende americane di vendere componenti a ZTE (Zhongxing Telecommunications Equipment), società cinese produttrice di componenti tlc.

ZTE è stata accusata di aver riportato false dichiarazioni durante le trattative del 2016 volte a risolvere una causa, nata con l’accusa di aver spedito in via illegale prodotti e tecnologia all’Iran e di aver detto il falso anche nel periodo probatorio del 2017. Il ministero del Commercio cinese ha riferito che prenderà le misure necessarie per proteggere gli interessi delle aziende cinesi.